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La scienza a caccia dei segreti della coscienza

Dove abbia origine la coscienza e’ un interrogativo che impegna l’uomo da secoli, ma quella che fino a pochi decenni fa era una questione meramente filosofica e’ diventata oggi il nuovo obiettivo delle neuroscienze, come aveva anche previsto Rita Levi Montalcini. A questa domanda cerchera’ di rispondere un vasto progetto di ricerca internazionale da venti milioni di dollari, presentato al congresso della Societa’ per le Neuroscienze di Chicago.

A lavorarci saranno piu’ di 500 ricercatori di Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Cina, guidati dall’italiana Lucia Melloni, del Max Planck Institute per l’Estetica empirica di Francoforte. Punto di partenza del progetto e’ la verifica di due delle sei teorie piu’ accreditate sull’origine della coscienza. Per questa prima fase della ricerca si prevede un finanziamento di 5 milioni sui 20 complessivi elargiti dalla fondazione Templeton World. Lo studio prevede una vera e propria gara tra le teorie, dove quella bocciata dai dati dovra’ essere eliminata e i suoi sostenitori dovranno ammettere la sconfitta.

Le prime due ipotesi da mettere alla prova sono quelle di Stanislas Dehaene, del College de France di Parigi, e dell’italiano Giulio Tononi dell’universita’ del Wisconsin a Madison.
Secondo la teoria di Dehaene, la corteccia prefrontale del cervello, che controlla i processi cognitivi piu’ complessi e legati alle decisioni, raccoglierebbe le informazioni sensoriali, organizzandole secondo una scala di priorita’ prima di trasmetterle alle aree cerebrali piu’ ‘esecutive’. Secondo quest’ipotesi la coscienza consisterebbe in questo processo di selezione, e “punta sul lobo frontale del cervello, che e’ la parte che ci caratterizza rispetto agli animali”, spiega Carlo Miniussi, direttore de Centro mente e cervello dell’universita’ di Trento. “E’ un po’ come se in una stanza buia illuminassimo con una pila una sedia e in quel momento diventassimo consapevoli della sua esistenza”.

Secondo la teoria di Tononi la coscienza prende invece forma dalle connessioni cerebrali: piu’ neuroni interagiscono tra loro, maggiore e’ il senso di coscienza percepito, anche senza input sensoriali. Un processo, secondo il ricercatore, che avverrebbe nella parte posteriore del cervello. “E’ un’ipotesi basata sull’idea che il cervello sia una rete complessa nella quale, che se tutte queste aree comunicano tra loro, c’e’ attivazione e quindi si produce consapevolezza”, spiega ancora Miniussi.

I test verranno condotti su volontari: le immagini del loro cervello in attivita’ saranno catturate con la Risonanza magnetica funzionale, elettroencefalogramma ed elettrocorticografia, una sorta di elettroencefalogramma della corteccia cerebrale. “E’ proprio grazie allo sviluppo di queste tecniche – prosegue Miniussi – che si e’ potuto vedere il funzionamento del cervello e inserire la ricerca dell’origine della coscienza nelle neuroscienze”.

Un obiettivo gia’ prefigurato da Rita Levi Montalcini nel suo libro ‘La galassia mente’, nel quale diceva che capire in quali circuiti cerebrali risiedano la creativita’ e la coscienza e’ l’ultimo grande mistero e l’ultima sfida della biologia del Terzo millennio. “Anche se e’ improbabile che questo studio possa dirimere la questione – conclude Miniussi – sicuramente aumentera’ le nostre conoscenze sui processi cognitivi”.

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