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L’antiscienza ha un nuovo grimaldello, è l’effetto placebo

Talismani, pendoli, talco e acqua fresca: si moltiplica il numero dei ciarlatani e sedicenti guaritori che rivendicano l’improbabile efficacia dei loro rimedi facendo leva sulle più recenti ricerche scientifiche che dimostrano come l’effetto placebo sia capace di scatenare nel cervello la stessa ‘tempesta’ chimica attivata dai farmaci.

A lanciare l’allerta è Fabrizio Benedetti, esperto di fama mondiale sull’effetto placebo all’Università di Torino, che si interroga su come la scienza possa evitare il rischio di prestare involontariamente il fianco all’anti-scienza. Lo fa al convegno ‘Essere cittadini tra scienza, sapere e decisione pubblica’, una due giorni organizzata da Università Statale di Milano e Unistem (il centro di ricerca diretto dalla senatrice a vita Elena Cattaneo) con ospiti come il virologo Roberto Burioni e il giornalista Riccardo Iacona di Presa Diretta.

“Dal 1999 ad oggi, al mio dipartimento sono arrivate da tutto il mondo quasi 300 proposte di procedure o strani oggetti come talismani, polveri e pendoli indicati da ciarlatani di ogni sorta, sedicenti guaritori e organizzazioni non mediche, come possibili rimedi per risolvere le malattie scatenando l’effetto placebo”, racconta Benedetti.

“E’ vero che la fiducia e le aspettative del paziente aumentano la produzione di sostanze oppioidi nel cervello, e che le parole del terapeuta accendono le stesse vie biochimiche dei cannabinoidi, ma l’effetto sulla salute dipende da chi sfrutta questa arma a doppio taglio”. Nelle mani di un medico serio, l’effetto placebo può diventare un farmaco che potenzia le normali terapie, ma nelle mani di un ciarlatano, il rischio è che si trasformi in una droga pericolosa per la salute.

“Il paradosso è che la scienza, progredendo con gli studi sul cervello e sull’aspetto psicologico delle terapie, rischia di ‘certificare’ in un certo senso dei ciarlatani. E’ una questione etica scottante che mette a rischio la salute delle persone e che va risolta innanzitutto con una migliore comunicazione al paziente”.

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