Costruito uno sciame di cellule-robot in grado di assemblarsi e muoversi come un unico organismo in modo molto più efficiente e versatile: permetterà di costruire sistemi artificiali per esplorare ambienti sconosciuti, per eseguire operazioni di salvataggio e monitoraggio e per studiare meglio la biologia. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature, è guidata dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) e ha dimostrato con una simulazione che non ci sono limiti al numero di unità che si possono assemblare insieme, aggiungendo fino a 100.000 mini-robot.
La ricerca, coordinata da Shuguang Li, ha ottenuto particelle robot capaci di assumere configurazioni diverse, fino a ridurre al minimo lo spazio che le separa; nessuna comunica direttamente con le altre e per questo motivo è possibile aggiungerne di nuove ed eliminarne altre senza alterare la funzione complessiva del gruppo. Per qusto motivo è irrilevante che alcune unità abbiano dei malfunzionamenti.
Si tratta di un modo nuovo di pensare i robot completamente nuovo e che supera la concezione tradizionale di macchine progettate per un obiettivo specifico. Le cellule-robot sono perciò la base per futuri robot più flessibili e robusti.
“Gli sciami di robot funzionano meglio perché possono coprire in meno tempo un’area molto più vasta”, spiega all’ANSA Cesare Stefanini, dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e a capo della Creative Engineering Design Area. Gli sciami sono inoltre“robusti, perché riescono a portare a termine il loro compito anche se parte delle unità smette di funzionare, e si possono semplicemente aggiungere o togliere elementi a seconda delle applicazioni. Il nostro corpo – prosegue l’esperto – è fatto in modo analogo: siamo composti da miliardi di cellule che collaborano tra loro e interagiscono”.
L’esperto osserva inoltre che “ogni piccolo robot si rapporta solo con i suoi immediati vicini, senza sapere cosa fanno gli altri” e “le unità si muovono ognuna in modo casuale, ma con un piccolo ritardo rispetto ai vicini: in questo modo si crea un movimento che si propaga come un’onda, un po’ come avviene per una ola allo stadio. Inoltre – aggiunge – i vari dischetti si uniscono tramite i loro contorni magnetici in modo debole, così da permettere il distacco di alcune parti”.
In questo modo diventa possibile “ottenere comportamenti naturali ed efficienti, apparentemente coscienti ma in realtà istintivi” e “la prossima frontiera – conclude – sarà far interagire l’artificiale con il naturale per capire meglio il linguaggio della natura”.