Un paese che sembrava definitivamente abbandonato, dopo la chiusura della miniera di blenda nel 1997. Ma a Lula c’è un silenzio unico al mondo, che consente di captare le onde gravitazionali alle origini dell’universo…
I minatori lo sanno: “Quando la montagna è più forte e ti sbarra la strada, chiudi quel varco e cambia percorso”. A spiegarlo è Luca Loddo direttore di Sos Enattos, la miniera di Lula, piccolo centro agricolo della Barbagia. Qui dopo oltre vent’anni di stop, lo scorso 4 ottobre, sono tornate a risuonare i boati delle esplosioni: questa volta non per estrarre la blenda (da cui si ricava zinco), ma per fare spazio a sofisticati laboratori scientifici. Perché a Lula c’è un tesoro molto più prezioso dell’oro: un silenzio unico al mondo. Al riparo dai terremoti e privo di rumore antropico, Sos Enattos è il luogo ideale per ascoltare la voce dell’universo, quelle onde gravitazionali che i fisici di mezzo mondo rincorrono da decenni.
“In realtà non ci si è mai fermati: tra la tenuta e il ripristino siamo sempre stati al lavoro”, ha precisato Loddo che quella cava la conosce in ogni dettaglio. Lui ci lavora dal 1989 quando, appena diciannovenne e neo-diplomato come perito minerario, è stato assunto a Sos Enattos che, nel tempo, sembra aver fatto come i suoi minatori: ha cambiato strada quando gli eventi della storia le hanno bloccato la via. Dopo la fine dell’attività estrattiva del 1997, non si è mai arresa alla chiusura: da cava è diventata un progetto mai attuato di riconversione in fabbrica, poi una zona di archeologia industriale, parte del parco Geominerario della Sardegna, prima di trasformarsi in ombelico del mondo della Fisica. Oggi il centro barbaricino è tra i tre siti europei candidati ad ospitare l’Einstein Telescope, un progetto da un miliardo e mezzo di euro di investimenti, ideato per catturare le onde gravitazionali, le increspature dell’universo che tanto potrebbero rivelare sulle origini del creato. Intanto, i fisici dell’Infn – istituto nazionale di Fisica nucleare – in collaborazione con l’università di Sassari, hanno fatto partire i lavori per realizzare dei laboratori permanenti ed eseguire una serie di esperimenti collaterali. Per questo la settimana scorsa i minatori hanno portato le cariche nelle gallerie. Dopo oltre 20 anni il prezioso silenzio di Lula è stato spazzato via dalle deflagrazioni. Rumori un tempo quotidiani: quando qui si estraeva, il frastuono era infernale e tra i vecchi minatori c’è ancora chi racconta di aver perso l’udito a causa del lavoro sotto terra. Oggi, però, dinamite e perforatrici meccaniche hanno lasciato posto ai rilevatori scientifici.
“E pensare che ci hanno trovato per caso. Hanno preso il numero dall’elenco telefonico. La chiamata è arrivata proprio cinque minuti prima che io finissi il turno. E il giorno dopo sono arrivati”, ha raccontato Loddo. La chiamata era quella di Fulvio Ricci: docente di Fisica alla Sapienza di Roma. E’ lui a rappresentare il team italiano che, con quello di professori francesi, lavora a Cascina (Pisa) sul programma europeo Virgo, studio parallelo a quello americano Ligo, che ha già pronto il progetto dell’Einstein Telescope: tre gallerie per un gigantesco interferometro di terza generazione. “Hanno fatto molti studi, c’è voluto tempo. Ci hanno detto che da qui si sentono le onde oceaniche, ma sono lontane e non danno fastidio”, ha ricordato il direttore che, con i suoi minatori, adesso si occupa di gestire docenti e ricercatori che arrivano da tutta Europa. La scorsa settimana c’erano i tecnici dell’Ingv (Istituto nazionale geofisica e vulcanologia) che con il Miur, la Regione Sardegna, le università di Cagliari e Sassari, Infn e Inaf sostengono la candidatura di Sos Enattos.
Nella miniera è tutto in ordine: l’ascensore del pozzo Rolandi – che per decenni ha potato i caschetti al buio – funziona ancora, perfettamente verniciato di arancione vivace. I vecchi carrelli sono stati ripuliti e sistemati per abbellire l’ingresso del giacimento. In profondità sono stati risistemati i binari e parcheggiati i pesanti mezzi che sventravano la montagna. I minatori hanno creato anche un gioco di luci colorate per riprodurre l’esplosione delle mine che aprivano i varchi nella roccia e costruito, con gli scarti di ferro, delle sagome che rappresentano loro stessi al lavoro. Tutto per accogliere i turisti che non sono mai arrivati: una legge regionale vieta ai ‘caschetti’ di fare le guide turistiche, ci vogliono quelle con il tesserino, ma nelle gallerie di Lula che si intersecano per chilometri e su più livelli, diventa un problema di sicurezza. “Spesso abbiamo pensato ‘che desolazione’: una miniera silenziosa, non è possibile”, ha ricordato ancora Loddo. Ma il disastro economico e lo spopolamento, per assurdo, sono diventati il varco per la rinascita.