Al nastro di partenza la missione che porterà degli organismi viventi in orbita intorno al Sole. Si chiama Artemis 1 e a metà 2020 è destinata a trasportare 13 mini-satelliti a forma di cubo; uno di questi, chiamato BioSentinel, conterrà cellule di lievito. Ne dà notizia la Nasa, presentando la missione come una sorta di ‘rtorno’ ai lanci di veicoli spaziali con esseri viventi a bordo oltre l’orbita terrestre, a 50 anni dalle missioni Apollo.
Le colture di cellule di lievito che saranno spedite con il satellite Biosentinel della missione Artemis 1 (fonte: NASA/Ames Research Center). La missione fa parte del più ampio programma Artemis, dal nome della dea della Luna gemella di Apollo, con il quale la Nasa punta a riportare l’uomo sulla Luna. Permetterà anche di testare il nuovo grande lanciatore della Nasa, lo Space Launch System (Sls), destinato a portare nello spazio le capsule lunari Orion.
L’ultimo viaggio di organismi viventi oltre l’orbita bassa terrestre risale al 1972, con lo sbarco sulla Luna degli astronauti della missione Apollo 17, gli ultimi a lasciare impronte sulle sabbie del nostro satellite. Biosentinel ospiterà due tipi di cellule di Saccharomyces cerevisiae, il comune lievito di birra che, spiegano gli esperti, aiuteranno a testare l’effetto delle radiazioni sugli organismi al di fuori della bolla protettiva del campo magnetico terrestre.
Il satellite raccoglierà dati per un periodo compreso tra nove mesi e un anno. Nello stesso intervallo saranno monitorate anche cellule di lievito a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (Iss) e in due laboratori terrestri, dove verranno esposte a radiazioni. Gli scienziati confronteranno poi i risultati per valutare le diverse risposte alle radiazioni.
Rappresentazione dei danni provocati dalle radiazioni spaziali sul Dna. (fonte: NASA)
Per l’astrofisica Kimberly Ennico Smith, del centro di ricerca Ames della Nasa, dove verrà assemblato Biosentinel, “la missione aprirà una finestra sullo studio degli effetti a lungo termine delle radiazioni sul Dna dei lieviti. I risultati – ha concluso – saranno utili per valutare l’impatto delle radiazioni sugli astronauti, perché i meccanismi di riparazione del Dna nei lieviti sono simili a quelli delle nostre cellule”.