Un segnale elettrico prodotto in laboratorio e inviato al cervello è stato percepito come un odore: per la prima volta un esperimento ha ‘parlato’ la stessa lingua del più complesso degli organi e apre la strada alla possibilità di ripristinare percezioni sensoriali, come l’olfatto che viene perduto in molte persone colpite dal nuovo coronavirus, e in futuro per riparare danni cerebrali. Pubblicato sulla rivista Science e condotto sui topi fra la New York University e l’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit), l’esperimento apre allo sviluppo di protesi nervose per ripristinare il funzionamento di parti danneggiate del cervello.
Neuroni (fonte: Marco Brondi/IIT)
Finora si erano solo ipotizzati i meccanismi che il cervello usa per processare l’informazione olfattiva ascoltando le cellule nervose ed è la prima volta che si è riusciti a “parlare” direttamente al cervello ricevendo un riscontro concreto.
L’odore artificiale, espresso in segnali elettrici senza che ci fosse una fonte reale a produrlo, è stato tramesso direttamente alle cellule nervose del bulbo olfattivo, una delle zone del cervello in cui viene elaborato il senso dell’olfatto.
Neuroni (fonte: Riccardo Beltramo/IIT)
Coordinata da Edmund Chong della New York University, la ricerca è stata condotta nell’ambito della Brain Initiative promossa dai National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti per sviluppare nuove tecnologie per comprendere i meccanismi di funzionamento dei circuiti cerebrali. Il risultato, secondo gli autori della ricerca, può essere considerato una “stele di Rosetta” per comprendere la lingua del sistema nervoso per quanto riguarda l’odore e la sua percezione.
I modelli matematici che hanno permesso di produrre il segnale elettrico corrispondente all’odore sono stati messi a punto dal Centro di neuroscienze e scienze cognitive dell’Iit a Rovereto coordinato da Stefano Panzeri, responsabile del laboratorio Neural Computation. Il segnale è stato quindi trasmesso al cervello utilizzando l’optogenetica, ossia la tecnica che tramite impulsi luminosi permette di accendere o spegnere i neuroni responsabili dell’analisi dell’informazione sensoriale.
Neuroni attivati grazie alla tecnica dell’optogenetica (fonte: Riccardo Beltramo/IIT)
“Finora sono state utilizzate per comunicare con le cellule nervose solo porzioni dell’ alfabeto della loro lingua separatamente”, ha osservato Monica Moroni, dell’Iit e fra gli autori principali dello studio. “Ora abbiamo dimostrato come si fa a combinare le diverse lettere, che per noi sono l’attivazione di diversi gruppi di neuroni, per comporre nel tempo ‘frasi’ articolate e fornendo un messaggio direttamente ai neuroni con una articolazione senza precedenti”.
Diventa così possibile dialogare con il cervello per capirne i malfunzionamenti, anche se per sarà ancora necessario affinare maggiormente la gamma di “vocaboli” di questa nuova lingua per comunicare in maniere sempre più efficace. Nel più lungo periodo i risultati dello studio aprono la strada alla riparazione degli organi di senso danneggiati mediante interfacce artificiali e protesi nervose che potranno dialogare efficacemente con il cervello.