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Pronti a ripartire i cacciatori della vita estrema

 Ha ricostruito il ciclo del carbonio nelle profondita’ della Terra nell’arco di milioni di anni, ha scoperto forme di vita estreme, come l’ecosistema di microrganismi o aver misurato la quantita’ di CO2 emessa dai vulcani: sono alcuni dei risultati ottenuti nei suoi primi dieci anni di vita dal Deep Carbon Observatory, programma internazionale di ricerca a cui ha partecipato anche l’Italia e che continua a guardare al futuro, con la possibilità di proseguire in alcuni dei filoni di ricerca.

Nei dieci anni del Deep Carbon Observatory oltre 1.200 i ricercatori di 55 Paesi hanno prodotto 1400 articoli, 5 libri e sette numeri speciali di riviste con dati su quantita’, movimenti, forme e origini del carbonio nelle profondità della Terra in 268 progetti di ricerca. Tra questi per esempio c’e’ l’aver scoperto che le attivita’ umane, come il consumo di combustibile fossili, e’ responsabile di una quantita’ di emissioni di anidride carbonica 100 volte superiore a quella prodotta dalle eruzioni vulcaniche e le aree tettoniche messe insieme. 

Il Deep Carbon Observatory “è stato un progetto unico perchè finanziato da una fondazione privata, cui se ne sono aggiunte altre. Ciò ha permesso di coinvolgere ricercatori di tutto il mondo impegnati a studiare il ciclo del carbonio”, commenta Antonio Costa, direttore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di Bologna e membro della task force 2020 dell’Osservatorio. Oltre alla numerosa produzione scientifica di alto livello, secondo Costa, “l’eredità più grande è la comunità di ricercatori creata, gestita con il coinvolgimento delle nuove generazioni e che ha anche acquisito strumentazioni importanti”.

Tra i risultati più importanti c’è l’essere riusciti a quantificare per la prima volta il contributo dei vulcani all’anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera e l’aver scoperto che le attività umane, come il consumo di combustibile fossile, è responsabile di una quantità di emissioni di anidride carbonica 100 volte superiore a quella prodotta dalle eruzioni vulcaniche e le aree tettoniche messe insieme. “Sono inoltre state fatte scoperte molto importanti sulla vita in condizioni estreme – commenta Antonio Costa – studiando la pressione e la temperatura a cui riescono a sopravvivere alcuni microorganismi”.

E’ stato infine ricostruito il ciclo del carbonio nelle profondità terrestri nell’arco di milioni di anni e trovato l’ecosistema di microrganismi più profondo sui fondali marini. La volontà per il futuro, conclude Costa, “è di trovare il modo di far crescere il lavoro iniziato, sfruttando le infrastrutture e mantenendo gli scambi costruiti in questi anni”. Rimangono ancora diverse questioni da approfondire, come gli effetti delle temperature estreme e delle interazioni del carbonio con altri elementi, e i meccanismi che regolano l’evoluzione dei microorganismi.

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