La vita di un mammut poteva durare in media 60 anni. Quella di un uomo di Neanderthal, invece, solo 38. A indicarlo con estrema precisione è un nuovo orologio genetico a 42 ‘lancette’, ovvero un modello previsionale basato sull’analisi di 42 geni che permettono di stabilire in modo accurato la longevità dei vertebrati, moderni ed estinti. A regolarne gli ingranaggi sono stati i ricercatori australiani dell’Organizzazione per la ricerca scientifica e industriale del Commonwealth (Csiro), che sulla rivista Scientific Reports dimostrano come questo strumento sia prezioso non solo per soddisfare le curiosità riguardanti il passato, ma soprattutto per prevedere il futuro delle specie in via di estinzione.
Per tarare l’orologio genetico, i ricercatori guidati da Benjamin Mayne hanno analizzato il genoma di 252 specie di vertebrati di cui era nota l’aspettativa di vita. In questo modo hanno individuato 42 geni particolarmente significativi, in cui la presenza più o meno frequente di specifiche regioni (chiamate ‘siti CpG’) risulta correlata all’aspettativa di vita.
Una volta assemblato, l’orologio genetico è stato messo alla prova con i grandi pachidermi del passato: usando come riferimento il genoma dell’elefante africano (che vive in media 65 anni), i ricercatori hanno applicato il loro modello previsionale per stimare che il mammut lanoso e l’elefante dalle zanne dritte avevano un’aspettativa di vita di 60 anni. Usando come riferimento il genoma degli umani e degli scimpanzé, hanno invece stimato che l’uomo di Neanderthal e quello di Denisova vivevano circa 38 anni. Il modello è stato utilizzato per stimare anche l’aspettativa di vita di specie particolarmente longeve, come la tartaruga dell’Isola Pinta e la balena della Groenlandia.