Decine di aziende in campo e tante vie da seguire, molto diverse fra loro: tra colture, centrifughe, pipette e animazioni al computer della struttura del virus, la corsa al vaccino contro il nuovo coronavirus SarsCoV2 è cominciata. “Ci sono molti modi per ottenere un vaccino e negli ultimi anni sono state messe a punto tecnologie che permettono di raggiungere l’obiettivo in modo più veloce”, ha detto all’ANSA uno dei maggiori esperti internazionali di vaccini, Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&Ddell’azienda GSK vaccine.
La strada più lenta, ma sempre valida, è quella tradizionale, nella quale i vaccini vengono fatti facendo crescere il virus, uccidendolo e iniettandolo insieme a sostanze che ne potenziano l’azione, chiamate adiuvanti.
“Negli ultimi dieci anni sono però state messe nuove tecnologie, più rapide”, ha osservato l’esperto riferendosi ai vaccini a Rna. A un vaccino di questo tipo sta lavorando, negli Stati Uniti, l’istituto nazionale per lo studio delle malattie infettive Niaid (National Institute of Allergy and Infectious Diseases), diretto dall’immunologo Anthony Fauci, in collaborazione con l’azienda biotecnologica Moderna e con la Coalion for Epidemic Preparedness Innovation (Cepi).
“Il vaccino a Rna è un vaccino sintetico fatto di nucleotidi”, ossia di brevi sequenze genetiche del virus. La procedura consiste nel partire dalla mappa genetica del virus per ottenere le informazioni necessarie a costruire un gene sintetico che controlla la produzione di una delle proteine di superficie utilizzate dal virus per entrare nelle cellule. Il gene sintetico diventa quindi l’elemento che, una volta iniettato, riesce a stimolare la reazione del sistema immunitario.
“Il prototipo di un vaccino di questo tipo si può ottenere in una settimana, come abbiamo fatto nel 2013 per ottenere il vaccino contro l’influenza”, ha detto Rappuoli.
Un’altra via, ha proseguito, consiste nell’ottenere un gene sintetico, trasferirlo in un virus di tipo diverso, come un adenovirus, modificato per renderlo inoffensivo e poi trasferito nelle cellule.
“E’ una tecnologia più moderna e sicura – ha osservato – ed è stata registrata nel 2019 per ottenere il vaccino contro il virus responsabile della febbre emorragica di Ebola”.
Ottenere il prototipo di un vaccino è la procedura più breve; molto più lunghi sono i tempi necessari per la sperimentazione e per superare l’esame delle agenzie regolatorie, responsabili delle autorizzazioni e della sorveglianza sui farmaci.
“Se per rendere disponibile sul mercato un vaccino ottenuto con le tecnologie tradizionali erano necessari da 15 a 20 anni, già con il vaccino contro l’Ebola i tempi si erano ridotti a cinque anni e adesso – ha concluso Rappuoli – si è capito che si può accelerare ancora, riducendo i tempi da uno a tre anni”.