Un gruppo internazionale di ricercatori ha creato un modello personalizzato al computer, grazie all’utilizzo di una rete neurale, in grado di analizzare i profili individuali di dislessia e guidare la progettazione di interventi di potenziamento e riabilitazione della lettura.
Per lo studio, pubblicato sulla rivista Psychological Science, gli scienziati hanno utilizzato simulazioni al computer su larga scala per studiare come diversi tipi di deficit concorrano nel determinare le abilita’ di lettura individuali in un campione di oltre 600 bambini americani, di cui quasi 400 con diagnosi di dislessia in base a test standardizzati di lettura.
I dati provenivano da uno degli studi su piu’ larga scala effettuati sulla dislessia, svolto su bambini tra gli 8 e i 13 anni al Centro di Ricerca per i Disturbi dell’Apprendimento della University of Colorado Boulder (USA). I ricercatori hanno simulato al computer l’apprendimento della lettura utilizzando una rete neurale artificiale, un modello computazionale composto di “neuroni” artificiali organizzati in strati che interagiscono tra loro.
Parte delle simulazioni hanno richiesto l’utilizzo di un super computer della Swinburne University of Technology (172 processori 8-core), solitamente utilizzato per ricerche di astrofisica. “L’apprendimento nel nostro modello e’ molto diverso da quello delle tipiche reti neurali artificiali utilizzate nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale”, dice Marco Zorzi del Dipartimento di Psicologia Generale e Padova Neuroscience Center dell’Universita’ di Padova, tra gli autori dello studio. “Replica le strategie di apprendimento utilizzate da tutti i bambini che imparano a leggere e si basa in gran parte su un ciclo di auto-apprendimento”, aggiunge.
La rete neurale inizialmente acquisisce abilita’ rudimentali nella decodifica delle parole scritte, imparando le associazioni piu’ frequenti tra lettere e suoni (ad esempio la lettera B e’ sempre associata al suono /b/). Successivamente, ad ogni tentativo di decodifica, la rete genera una parola in forma orale e cerca la migliore corrispondenza con quelle che ha in memoria, che rappresentano il lessico parlato del bambino. In caso di corrispondenza viene creata una memoria visiva della parola scritta, che servira’ nel futuro a riconoscerla in modo piu’ rapido ed efficiente, e contemporaneamente vengono rinforzate le associazioni tra le lettere ed i suoni che formano la parola stessa.
“E’ un processo di auto-apprendimento probabilistico: la rete all’inizio fa molti errori – sottolinea Zorzi – come un bambino che sta imparando a leggere, e anche una decodifica corretta non sempre porta alla creazione di una memoria visiva della parola. Ma simula molto bene l’apprendimento umano”.
Per ogni bambino, dislessico o normolettore, e’ stato creato un modello personalizzato basato su misure individuali delle abilita’ fonologiche, visive-ortografiche, e del lessico parlato. Questi tre fattori definivano le condizioni iniziali su cui si innestava l’apprendimento, determinando quindi le abilita’ di lettura del modello personalizzato.
Gli autori hanno scoperto che questo modello multifattoriale simula accuratamente le differenze individuali tra le abilita’ di lettura dei bambini e rende conto della variabilita’ nei profili di dislessia. Questi risultati non emergono invece in simulazioni di controllo basate su modelli che enfatizzano un singolo fattore e che rappresentano le principali teorie sulle cause della dislessia (ad esempio, deficit nella percezione dei fonemi, deficit visivi, o inefficienza generale di elaborazione).
Il modello suggerisce anche che l’efficacia di tipi diversi di potenziamento delle abilita’ di lettura variano in funzione del profilo individuale del bambino dislessico. Questi risultati dimostrano la necessita’ di un modello multifattoriale della dislessia e aprono la strada allo sviluppo di modelli personalizzati al computer per guidare la progettazione di interventi di potenziamento della lettura e di riabilitazione della dislessia.
AGI