Le mascherine sono strumenti fondamentali per evitare che gli asintomatici possano diffondere il coronavirus per via aerea: non è un caso che i Paesi che ne hanno imposto l’uso a tutta la popolazione siano quelli che hanno contenuto meglio il dilagare dell’epidemia da Covid-19. A indicarlo è un articolo pubblicato su Science da Kimberly A. Prather e Robert T. Schooley, dell’Università della California a San Diego, insieme a Chia C. Wang della Sun Yat-sen University di Taiwan.
Gli esperti sottolineano come le raccomandazioni a mantenere le distanze e a lavarsi frequentemente le mani per limitare il contagio siano fondate su studi delle goccioline respiratorie condotti negli anni Trenta, quando ancora non c’era la tecnologia per studiare la diffusione dell’aerosol. Le ricerche più recenti hanno invece dimostrato che forti colpi di tosse e starnuti, oltre a generare goccioline che si diffondono per oltre 6 metri, emettono anche particelle ancora più fini che formano l’aerosol e trasportano il virus ancora più lontano. Inoltre è stato stimato che parlando ad alta voce per un solo minuto si possono emettere fino a 100.000 particelle virali che restano sospese in aria.
Questo aerosol può accumularsi negli ambienti chiusi con poco ricambio d’aria, penetrando in profondità nei polmoni. Non potendo prevedere i movimenti di questo aerosol è difficile definire una distanza che sia di reale sicurezza: per questo, secondo i tre esperti, le mascherine sono una barriera fisica fondamentale da adottare. Lo dimostrano anche i successi ottenuti nel contenimento del contagio da Paesi come Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud, dove la mascherina è stata indossata da tutti. Il suo impiego è particolarmente importante nei luoghi affollati con una scarsa ventilazione, quali ospedali, aerei e ristoranti.