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Si allarga la famiglia delle particelle trasformiste

I neutrini non sono le uniche particelle a saper cambiare identità: potrebbero essere dei trasformisti anche gli assioni, ipotetiche particelle ancora mai identificate, ma che potrebbero giustificare le anomalie osservate in alcune delle sorgenti cosmiche più ricche di energia, i blazar. L’ipotesi, pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, si deve ai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Alla ricerca ha partecipato anche l’astrofisico Giovanni Bignami, scomparso nel 2017.

I blazar sono delle galassie che nel cuore ospitano un buco nero attivo e vorace, che divora la materia che lo circonda. Tipicamente emettono particelle chiamate fotoni gamma di elevatissima energia, mille miliardi di volte maggiore di quella dei fotoni visibili, ossia della luce visibile.

Confrontando gli spettri emessi da 39 blazar con quelli osservati gli studiosi hanno notato delle anomalie e per spiegarle hanno proposto una soluzione che coinvolge ipotetiche particelle, suggerite da varie teorie, possibili candidate a comporre la materia oscura: gli assioni, Axion-Like Particle (Alp), particelle neutre leggerissime che si accoppiano ai fotoni di luce. In questo scenario, i fotoni emessi dai blazar nel lungo viaggio per giungere alla Terra, talvolta si comporterebbero come ‘veri’ fotoni e talvolta come assioni.


Rappresentazione grafica della tarsformazione degli assioni nel tragitto fra il suo punto di origine e la Terra (fonte: Aurore Simonnet / Sonoma State University / NASA / NOAA / GSFC / Suomi NPP / VIIRS / Norman Kuring)

Trasformandosi durante il viaggio restituiscono uno spettro molto diverso rispetto a quello emesso e questo spiegherebbe le anomalie osservate. La prossima sfida sarà identificare queste particelle. Secondo Alessandro De Angelis, dell’università di Padova, Infn e Inaf “la speranza potrebbe concretizzarsi sia con esperimenti da laboratorio, sia utilizzando i rivelatori di nuova generazione come il Southern Wide-field Gamma-ray Observatory (Swgo) e il Cherenkov Telescope Array (CTA), gestito da una collaborazione internazionale in cui è fortemente coinvolta l’Italia con Infn e Inaf. 

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