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Un chip per scoprire la sindrome di Down dal sangue

E’ rapido, affidabile, economico e non invasivo: è possibile grazie a un biosensore che nei test sui topi ha permesso di riconoscere la sindrome di Down nel sangue, catturando il cromosoma 21. Se futuri test sull’uomo confermeranno il risultato, l’amniocentesi potrebbe essere sostituita dal nuovo esame non invasivo. Il risultato, descritto sulla rivista Nano Letters, si deve al gruppo dell’università di Pechino guidato da Zhiyong Zhang.


Rappresentazione grafica del chip in grado di riconoscere le copie extra del cromosoma 21 (fonte: Jingxia Liu et al, Nano Letters)

Il biosensore è un chip comunemente usato nei dispositivi elettronici, che in questo caso è stato modifibcato in modo da riconoscere nel sangue la malattia causata da una copia extra del cromosoma 21. Normalmente, per rilevarla durante la gravidanza, si può ricorrere ad alcuni test del sangue in cui si cercano dei biomarcatori indiretti, ma il tasso di diagnosi errate è alto. L’amniocentesi invece dà una diagnosi affidabile, ma può essere rischiosa per il feto e la madre, visto che bisogna inserire un ago nell’utero materno per raccogliere il liquido amniotico. Ci sono anche i nuovi metodi di sequenziamento dell’intero genoma, molto accurati, ma lenti e costosi.

Quello sviluppato dai ricercatori cinesi è invece uno strumento veloce, efficace a parità di costo e sensibile perché riesce a rilevare alte concentrazioni del cromosoma 21 nel sangue materno. I chip modificati si basano su un singolo strato di bisolfuro di molibdeno sul quale vengono applicate sequenze di Dna sonda capaci di riconoscere una sequenza specifica del cromosoma 21. Quando il sensore riconosce il cromosoma 21, si ha un calo nella corrente elettrica del dispositivo. Secondo i ricercatori questo test potrebbe essere usato per fare confronti tra i livelli di Dna del cromosoma 21 con i livelli di altri cromosomi per verificare la presenza di copie extra, cosa che suggerirebbe la presenza di sindrome di Down nel feto.

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