Il cammino dagli animali all’uomo del coronavirus 2019 n-CoV potrebbe essere avvenuto in sordina nei mercati di animali vivi, proprio come è avvenuto in passato per molti altri virus, a partire da quello della terribile influenza Spagnola del 1918.
I coronavirus sono una grande famiglia di virus e in condizionali normali vivono perfettamente adattati all’interno di animali selvatici, primi fra tutti i pipistrelli della frutta. Per adattarsi a un organismo molto diverso, come quello umano, devono compiere una serie di passaggi, ognuno dei quali corrisponde a un cambiamento nelle loro caratteristiche.
A facilitare questa trasformazione è l’incontro con un altro coronavirus, un loro simile che si è adattato a un organismo diverso dai pipistrelli.
Per esempio nel 2002 lo zibetto è diventato il laboratorio naturale in cui il coronavirus dei pipistrelli si è ricombinato con quello di questi piccoli mammiferi, dando origine al virus della Sars (Severe Acute Respiratory Syndrome); il virus responsabile della pandemia di influenza del 2009 era un mosaico composto da parti di virus suino, parti di virus aviario e parti di virus umano, e e nel 2015 il virus della Mers (Middle East Respiratory Syndrome) era passato dai pipistrelli ai cammelli e poi all’uomo.
In tutti i casi durante questi passaggi il virus muta e lungo questa strada può assumere caratteristiche che gli permettano di aggredire l’uomo. Quando questo accade il virus ha fatto il cosiddetto “salto di specie”.
Al momento l’unica pubblicazione scientifica relativa al serbatoio animale in cui possa essere avvenuta la ricombinazione indica i serpenti, anche se ha suscitato qualche perplessità nella comunità scientifica. In ogni caso, il mix genetico nato dall’incontro di due virus tipici del mondo animale ha generato un virus con recettori che gli permettono di aggredire le cellule del sistema respiratorio dell’uomo.