Il confine tra il mondo vivente e quello non vivente ora è più sfumato: si è scoperto l’anello mancante che unisce questi due mondi ed è un virus mai visto, molto più grande dei suoi simili e soprattutto dotato di un corredo di proteine caratteristiche dei batteri. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, per la prima volta dissolve il confine che finora ha separato parassiti simili a macchine, come i virus, dagli organismi viventi; potrebbe inoltre fornire nuove armi al servizio della medicina del futuro.
La scoperta si deve al gruppo dell’Università della California a Berkeley guidato da Jill Banfield con Basem Al-Shayeb, in collaborazione con Canada, Danimarca e Giappone. Sebbene i nuovi virus siano presenti ovunque sulla Terra, trovarli è stato possibile solo grazie alla più vasta ricerca sui microrganismi del pianeta, che ha passato in rassegna 30 ambienti: dalle sorgenti tibetane agli ospedali, dagli oceani e il sottosuolo alle donne in gravidanza.
“Questi grandi virus costituiscono il ponte fra i batteriofagi non viventi e i batteri”, ha osservato Banfield, “ibridi fra i tradizionali virus e i tradizionali organismi viventi”. Appartengono alla famiglia dei virus parassiti dei batteri, chiamati batteriofagi (o fagi), e sono anomali non soltanto per le loro dimensioni, davvero molto grandi, ma perché contengono dei geni che di solito si trovano nei batteri. Ne sono stati trovati almeno 351, divisi in 10 gruppi, ognuno dei quali si chiama ‘grande’ nelle lingue degli autori della ricerca, dall’arabo al cinese.
L’albero genealogico dei batteriofagi. Sulla sinistra i nomi dei dieci gruppi identificati (fonte: UC Berkeley, Jill Banfield lab)
Tutti i nuovi fagi sono almeno quattro volte più grandi dei loro cugini del mondo inanimato; il più grande ha un patrimonio genetico di 735.000 paia di basi: maggiore perfino di quello di un batterio. Scavando poi all’interno di questi pacchetti di geni è emerso un corredo di strumenti davvero sorprendente, fra enzimi e proteine, comprese quelle utilizzate nella tecnica che taglia-incolla il Dna, chiamata Crispr.
Rappresentazione grafica di un batteriofago che infetta un batterio (fonte: UC Berkeley, Jill Banfield lab)
Una è la sosia della forbice molecolare Cas-9 scoperta nei batteri e l’ha riconosciute Jennifer Doudna, che con Emmanuelle Charpentier ha messo a punto la tecnica e che è fra gli autori della ricerca. L’ha chiamata Cas-Phi, dove Phi è la lettera greca con cui sono indicati i fagi. Nello stesso numero di Nature, inoltre, Doudna firma un altro articolo, che passa in rassegna le future applicazioni della Crispr.
“Aver trovato una proteina simile alla Cas-9 è la prova che mancava per capire da dove venisse fuori la capacità dei batteri di difendersi dai virus”, ha commentato il direttore del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia, Carlo Alberto Redi. “Averlo trovato nei virus – ha aggiunto -apre nuove porte a molte applicazioni e costituisce un’apertura terapeutica notevolissima per affrontarli”.
Una potenzialità della quale gli autori della ricerca sono perfettamente consapevoli: “in questi grandi batteriofagi c’è un enorme potenziale per scoprire nuovi strumenti per l’ingegneria genetica”, ha rilevato Rohan Sachdeva. “Molti di questi geni sono sconosciuti, non hanno una funzione identificata e potrebbero essere una fonte di nuove proteine per applicazioni in campo industriale, medico o agricolo”.