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A scuola bandite bermuda e infradito

Con la bella stagione, oltre alle rondini, è arrivata una circolare sulle regole d’abbigliamento da seguire a scuola. In un Istituto di Milano infatti un dirigente scolastico ha ricordato a genitori e studenti che la classe non è la spiaggia

I giovanissimi stravedono per la moda: seguono le fashion blogger, adottano gli ultimissimi outfit di Selena Gomez e Justin Bieber, Fedez e Chiara Ferragni sono diventati “guru” da prendere “alla lettera”. Ma allora perchè spesso e volentieri si presentano a scuola, dove dovrebbe regnare una certa sobrietà e buon gusto, come ae stessero andando in discoteca, in palestra, a raccogliere le castagne o in spiaggia?

Se lo è chiesto il dirigente scolastico di un istituto di Milano che, prevedendo per l’ultimo mese di scuola un ondata di look alla “beach on the beach”, ha inviato una circolare alle famiglie perchè riservino alle loro vacanze estive capi d’abbigliamento come bermuda, shorts, canottiere, jeans con i buchi così grandi da sembrare residuati bellici, forse anche le “flip flop”. Non è il solo: la stessa iniziativa è stata presa da una scuola di Rimini, Roma, Schio, persino San Marino.

Alla notizia, qualcuno ha storto il naso, altri hanno applaudito. E’ vero che i giovani si devono esprimere per trovare una loro strada, ma è vero anche che la scuola è il primo “step” dove imparare che ci si veste non solo in base a come ci si sveglia al mattino ma anche al contesto, all’ambiente in cui ci si sta per recare. Imparare ad adattare il proprio abbigliamento al luogo “d’azione” è importante quasi quanto azzeccare i congiuntivi. Qualifica la persona, ne determina buon gusto e, soprattutto, la classe nel vestire. E non solo. L’abito non fa il monaco? E’ dura da mandare giù ragazzi, ma sappiate che, se nella teoria è un concetto bellissimo, nella vita reale non è così.

Probabilmente la maggior parte dei fashion addicted, tra ragazzi e ragazzi, non si presenterebbe mai con le infradito a seguire una lezione di greco. Altri evidentemente sì se un preside ha sentito la necessità di ribadire un certo “dress code” nel suo istituto.

Indossare capi adatti alla scuola poi non è proprio un’imposizione di quelle da creare traumi permanenti: venti centimetri in più di stoffa sulle spalle, ovvero la differenza tra una canottiera e una t-shirt, non sono proprio una tortura cinese e, alla fine, quanto caldo in più possono provocare? Davvero una gonna di quaranta centimetri può togliere appeal a una bella liceale rispetto a una di venticinque? Gli studenti della già citata scuola di Schio, per contestare le regole sull’abbigliamento imposte dalla scuola, si sono appellati al diritto alla salute: infatti indossare un pantalone lungo di lino, invece di un bermuda a metà coscia, è notorio che può portare alle più tragiche conseguenze mentre volete mettere quanto è più salutare un minigonna inguinale rispetto a una che arriva sopra al ginocchio? Beh, certo, sono differenze fondamentali per la salute.

A parte il discorso “decoro”, indossare abiti consoni alla scuola è anche una tattica di “seduzione di massa”. Chi infatti rimarrà a bocca aperta vedendovi con indosso un “hot pants” a una megafesta se già vi presentate con questa mise tutti  i giorni in classe? Come lasciare i compagni con gli occhi spalancati per lo stupore se indossate il minidress a lezione ogni santo giorno della settimana? Nel caso dei ragazzi: siete sicuri che i bermuda siano il capo che vi dona di più? Se pensate di sì, guardatevi allo specchio con un maggiore occhio critico, lo stesso con cui giudicate le compagne.

Più occasioni di vestirsi ci sono, più si può sfoggiere il proprio estro “glam” in ogni occasione. La scuola è una palestra anche di buon gusto. In fondo, poi dura solo sei ore al giorno. Ce ne sono almeno altre otto, se si è nottamboli anche di più, per osare.

 

 

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