La didattica a distanza piace agli studenti? Decisamente no: il 62% dei 10.000 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni intervistati con un sondaggio promosso dal portale Skuola.net e dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo) dà infatti un giudizio negativo della sua Dad. Il perché va rintracciato in un mix di fattori su cui riflettere, anche considerando il rientro in aula alle superiori dal 70% al 100% in presenza – nelle zone gialle e arancioni – a partire dal 26 di aprile, giusto in tempo per l’ultimo mese di scuola.
La didattica a distanza non convince soprattutto perché il 48,6% degli studenti sostiene di aver perso la motivazione a seguire le lezioni, complici anche docenti che non sono riusciti a organizzare lezioni stimolanti. Un aspetto che ha gravato pesantemente anche sul rendimento, percepito come nettamente o leggermente peggiorato rispetto a quello in presenza dal 28,7% degli studenti. Ma forse la ‘bocciatura’ della Dad è anche la conseguenza delle tante distrazioni che, stando lontani da occhi indiscreti, tanti ragazzi si sono concessi, specialmente attraverso gli strumenti di messaging: il 58% dei ragazzi, ad esempio, ha dichiarato che ha usato app come WhatsApp e/o simili per avere scambi con i compagni o con gli amici, durante le lezioni.
Ma la distrazione non è sempre “colpa” dei ragazzi: vari studenti riportano di non essere riusciti a seguire le lezioni perché distratti (58%) o interrotti (51,4%) da altre persone presenti in casa. Inoltre, il 15% degli intervistati ha raccontato di non poter mai o quasi mai su uno spazio privato per seguire la Dad. Le interruzioni a causa di problemi di connessione, invece, sono state riscontrate qualche volta nel 36,8% dei casi e spesso o sempre nel 32,3% dei casi. Un contributo, però, viene anche dalla carenza di adattamento dei docenti al nuovo modo di fare lezione: solo il 9,1% degli studenti intervistati ritiene che tutti (o quasi) i docenti sappiano davvero fare lezione in Dad, a cui si aggiunge un 23,5% che salva la maggioranza.
“Non possiamo bocciare la Dad a priori: laddove si è abbastanza fortunati da avere a disposizione insegnanti preparati, connettività, spazi adeguati a casa, un gruppo classe disciplinato l’apprendimento a casa può funzionare addirittura meglio di quello in presenza – commenta Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – tuttavia per 3 studenti su 10 che affermano di aver ottenuto un rendimento scolastico migliore, ce ne sono altrettanti che sono peggiorati. I dati però dimostrano che, al di là dei voti scolastici, i danni che stanno subendo i giovani nella loro crescita sono profondi e non vanno ignorati. Bene quindi l’impegno del Governo finalizzato al rientro in classe, sperando che la percentuale possa crescere sempre di più sulla base dell’andamento dei contagi e delle effettive possibilità degli istituti”
Il lungo periodo della Dad ha avuto anche implicazioni negative sulle abitudini dei ragazzi e sul loro stile di vita. Dall’inizio della pandemia, alcuni hanno addirittura iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti (9%), alcol (quasi 18%) e fumo (12%). Tra chi faceva già uso di queste sostanze, inoltre, si è registrato un aumento netto del 10% del consumo di stupefacenti, del 6% degli alcolici e del 16% delle sigarette. A cui si aggiunge chi confessa un aumento lieve (12% per alcolici e stupefacenti, quasi 20% per alcolici). Ma non è tutto: sono cambiate anche le abitudini alimentari, con il 50% degli adolescenti che dice di avere incrementato il consumo di cibo durante gli ultimi mesi di chiusura in casa. E ancora, se circa un terzo dei ragazzi (36%) dice di avere dormito più ore, il 44% ammette di dormire meno ore rispetto a quanto facesse dormisse prima della pandemia e della didattica a distanza.
“Questi sono solo alcuni dei riflessi di un disagio che si protrae da lungo tempo. Dormire di più può rivelare uno stato depressivo, mentre dormire di meno o in modo discontinuo può sottendere a uno stato ansioso”, fa riflettere Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. “Il malessere dei giovani è percepibile”, continua l’esperto, “ed è più che urgente intervenire quanto prima per contenerlo, arginarlo e invertire la rotta occupandoci della loro salute mentale. Oltre a non avere avuto occasioni sociali, hanno perso anche molte delle loro valvole di sfogo, tra cui lo sport. Se si va a vedere come hanno vissuto il rapporto con l’attività fisica, fondamentale per mettere in circolo le endorfine, gli ormoni del benessere, si osserva che più della metà degli intervistati non ha fatto nessuna attività”.
La scuola in presenza è anche un luogo dove si aprono le menti e i cuori delle persone, imparando a interagire con gli altri. Durante la Dad, come emerge dai dati, gli studenti, oltre a percepire le lezioni poco coinvolgenti e inadatte a coinvolgerli (lo dice più del 76% di loro), hanno messo in evidenza che non hanno mai avuto spazi di condivisione del loro vissuto emotivo nel 53,3% dei casi. Questo non ha aiutato il rapporto di fiducia con gli insegnanti, lo abbiamo visto anche da alcuni casi di cronaca. Cosa ancora più rilevante, questo aspetto potrà essere un problema per il ritorno in presenza. Chi, per esempio, ha subito atti di cyberbullismo durante la Dad – ed è successo nell’11% dei casi – ha dichiarato che ha iniziato a isolarsi volontariamente nel 77% dei casi. “Molti ragazzi vittime di cyberbullismo con elevata probabilità avranno difficoltà a tornare sui banchi: se non interveniamo con un percorso di supporto studiati ad hoc per le scuole, assisteremo a un aumento dell’abbandono scolastico”, commenta Giuseppe Lavenia.