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E a Vo’ Euganeo, il primo focolaio d’Italia, l’ambulatorio del Covid torna a essere una scuola

VO’ (Padova) – Myriam, la prima a entrare, ha i boccoli lucenti, l’accompagna la baby sitter etiope. Gabriele non ce la faceva più a stare a casa e mostra la sua ansia al cancello con il pollice in bocca. Arriva Iris, bionda anche lei, mano alla mamma: “Che belle scarpe che hai”, dice al vicino di casa Gabriele, ora compagno di scuola. Martin, perché sui Colli Euganei piacciono i nomi di battesimo stranieri, ha l’emozione amplificata dalle telecamere, e sul vialetto fa cenno di voler tornare indietro. Poi Sebastiano, Bryan, Luca – lui nervoso – e Filippo con gli occhi azzurri e un grande ciuffo con la riga di lato. Hanno due anni e mezzo, tre, tre e mezzo, sono le matricole della scuola dell’infanzia di Vo’, “Gianni Rodari”. Diciannove alunni in tutto, primini o primini ritardati dalla pandemia, e sono in tutta evidenza i testimoni reali della riapertura alla vita – una scuola, i suoi minibanchi, i canti d’accoglienza – del focolaio d’Italia (Vo’ provincia di Padova divide questo ricordo, e questo marchio, con Codogno, provincia di Lodi). Vo’, certo, il 22 febbraio di quest’anno da quarantena chiuse tutto e fermò l’inserimento posticipato di molte creature ora sul selciato di Via Mazzini 16. Riproviamoci. I bimbi e le mamme offrono la fronte per il controllo della temperatura.

L’ultima funzione della “Gianni Rodari”, moderna e colorata, un solo piano e più edifici, era stata quella di ambulatorio dei tamponi. Il paese era travolto, siamo a inizio marzo, dalla malattia silente: La Locanda del sole, gli otto visitatori cinesi poi scagionati, i 66 contagi allargati in un batter d’occhio (Vo’ fa 3.300 abitanti). Ma non era quella la strada da battere. Più probabile che il Coronavirus sia stato importato dalla vicina Lombardia, almeno questa oggi è l’ipotesi del sindaco, da una popolazione artigiana e commerciante. Che si muove e tratta e vende. Ci sono trentacinque ristoranti nell’area, trentasei bed and breakfast e cento produttori di vino che esportano rosso dei Colli Euganei, Moscato Fior d’arancio e apparecchiature per trattare le vigne. Allora, via Mazzini 16 era l’approdo dei cittadini terrorizzati: si facevano qui i tamponi, si scopriva qui, a volte solo al terzo controllo, di essere positivi. Vo’ è uscita dallo spavento con tre morti, sopra i 66 anni. La locanda in piazza che aveva ospitato i cinesi tacciati presto di essere untori è ripartita lo scorso 18 maggio. Ora, in una giornata di cielo sgombro, riapre la scuola dell’infanzia.

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“Abbiamo paura il giusto, ci fidiamo delle insegnanti e del lavoro che è stato fatto in questa zona”, dice un papà. “Abbiamo fermato il peggio”, dice una mamma. “Non siamo emozionati, siamo pieni di gioia”, dicono tutti. Parlano senza remore, senza veli. “Vogliamo ridare ai bambini la voce delle loro maestre”, spiega il dirigente scolastico Alfonso D’Ambrosio, giacca panna, pantaloni cachemire, uno dell’area “uja voc che sa di abbraccio. “E’ arrivato qui il primo settembre 2019, l’ultimo concorso per presidi, quello affrontato dalla ministra Lucia Azzolina, e ora è chiamato a organizzare nel giardino qui davanti l’evento di lunedì prossimo: salirà a Vo’ il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Giovedì rientrano tutti gli studenti dei tre plessi”, spiega il preside, “i bimbi più grandi dell’infanzia, quelli delle elementari e delle medie. I primi tre giorni li abbiamo voluti dedicare a loro, i piccoli che si affacciano per la prima volta a una scuola“. Oppure l’hanno conosciuta per un mese e mezzo tra gennaio e febbraio e poi, di fretta, sono dovuti tornare a casa”.

Myriam, Gabriele, Iris, Martin, Sebastiano, Luca quello con il ciuffo, Bryan e Filippo con sorprendente consapevolezza e nessuna stizza indossano la mascherina. Osservano la maestra con la visiera, lei ha i capelli biondi sparati in alto, e si affidano. A Valbona stanno entrando altri quindici coetanei, a Fontanafredda sette. Plessi diversi della stessa realtà. “Entro la settimana avremo settecento studenti di nuovo in attività”. L’area, i Colli Euganei, si riprendono quello che le è stato temporaneamente sottratto: il papà odontotecnico che aveva ridotto l’attività, fino a maggio, poi si è bloccato per due mesi d’estate. La mamma libera professionista che, invece, ha visto crescere il suo lavoro: la richiesta di consulenza pubblica è aumentato con l’esplosione della cassintegrazione.

La vicepreside Lorena Bruscagin: “Abbiamo arredi sopra i quali si può mangiare, mobilio pensato per non rilasciare l’eventuale virus, il giusto numero di insegnanti, ma ci mancano i bidelli”. Poi c’è la stanza Covid. Caso mai. “Porteremo, di fronte all’emersione di una positività, il bambino qui. Non è una stanza d’infermeria, ci sono giocattoli e tv. E non fermeremo l’intera scuola. Vogliamo ripartire con il metodo che abbiamo brevettato, che ha salvato il Veneto e che vogliamo esportare: fiducia e tamponi”.

Fonte www.repubblica.it

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