Secondo un dossier di Tuttoscuola, l’Italia detiene purtroppo il più alto tasso al mondo di dispersione scolastica, con conseguenti costi sociali altissimi, 55 miliardi in 20 anni. Eppure studiare conviene, il diploma non è solo un “pezzo di carta”
L’Italia ingrassa le fila dell’ignoranza ed è uno dei peggiori paesi al mondo per il tasso di dispersione scolastica. Proprio così, nessuna buona notizia sul fronte istruzione nel Belpaese: mentre stanno tornando sui banchi di scuola, dopo i canonici tre mesi di vacanza, più di 8 milioni e mezzo di alunni (il 90 per cento dei quali in scuole statali), già si stima che dei 590.000 adolescenti che inizieranno le scuole superiori, almeno 130.000, da Nord a Sud, non arriveranno al diploma. A denunciare la situazione è Tuttoscuola, le cui stime sono basate sul calcolo che negli ultimi 20 anni oltre 3 milioni di italiani su 11 non hanno portato a termine gli studi: se li mettessimo uno dietro l’altro, la fila attraverserebbe tutto il Paese, da Domodossola a Canicattì, tanto per immaginare con la fantasia le dimensioni di un fenomeno che è invece una drammatica realtà.
Italia “maglia nera” europea e mondiale di dispersione scolastica
Secondo il dossier dal titolo “La scuola colabrodo”, diffuso da Tuttoscuola, i 3 milioni e mezzo di ragazzi italiani dispersi dalle scuole superiori statali nel periodo dal 1995 al 2013-14 (anno in cui è iniziato il ciclo scolastico che si è concluso quest’anno) rappresentano il 30,6% della totalità degli studenti (11.430.218) che si erano iscritti nello stesso periodo. È quasi come se l’intera popolazione della Toscana (3,7 milioni) avesse abbandonato la scuola. E in fatto di regioni, non c’è grande distinzione tra Nord e Sud, tra aree sottosviluppate e città industrializzate: il Nord Ovest ha la stessa dispersione del Mezzogiorno (25%), con il tasso di abbandono più elevato in Sardegna (33%), seguita dalla Campania (29,2%). Se si pensa che, nel mondo, Giappone, Norvegia e Corea hanno un tasso di dispersione a 18 anni pari allo zero, Thailandia, Russia, Taipei, Kazakistan viaggiano sotto il 5%, Canada, Australia, Israele, Giordania e Singapore sotto il 10… e che il più basso tasso di dispersione in Italia può vantarlo l’Umbria, con il 16,1%, allora è facile capire come nel nostro Paese la scuola sia, appunto, un autentico colabrodo, come in nessun’altra parte del pianeta.
Studiare conviene: più lavoro, più soldi e anche più benessere fisico
Tuttoscuola ha calcolato che il costo del fallimento formativo delle nostre istituzioni scolastiche è enorme: dal 1995 a oggi la dispersione scolastica ci è costata oltre 55 miliardi, l’importo di una o più finanziarie che ci saremmo potuti risparmiare. E l’istruzione superiore? Tra chi si diploma e si iscrive all’università, uno su due non ce la fa. Complessivamente su 100 iscritti alle superiori solo 18 si laureano, ma poi un quarto dei laureati va a lavorare all’estero e il 38% dei diplomati e laureati che restano non trova un lavoro corrispondente al livello degli studi fatti.
Eppure l’istruzione conviene: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi doppia rispetto a chi è arrivato al diploma e quasi il quadruplo di chi è laureato. Inoltre, l’istruzione incide sulla salute, riducendo i costi per la sanità, comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza. Insomma, il diploma di maturità e la laurea non sono solo un pezzo di carta.