“Dopo due anni di dad e un terzo, quello in corso, segnato da quarantene, assenze, classi decimate e quindi ancora dad, è ipocrita parlare di normalità e applaudire il ritorno della seconda prova di indirizzo nell’esame di maturità, come se la sua reintroduzione certificasse il riallineamento dei percorsi di formazione di milioni di studenti a quelli che dovrebbero essere gli obiettivi della scuola” scrive in una nota Laura Scalfi, responsabile delle politiche scolastiche per Azione e Direttore Generale dell’Istituto G. Veronesi e di Liceo Steam International. “Ricordiamo al Ministro Bianchi la precarietà dell’inserimento lavorativo proprio dei docenti di indirizzo, nominati a Novembre, alcuni sospesi e con molte nomine di supplenza ancora in alto mare. Ecco, perché non si è lavorato, Ministro, per organizzare concorsi in tempo utile ad avere i docenti in classe dal 1° settembre?
Senza contare” continua Scalfi “che, pur comprendendo la sacralità che è giusto conferire alla conclusione di un percorso formativo, la serietà del percorso stesso non dovrebbe essere valutata esclusivamente in base alla ‘prestazione’ finale dell’esame di maturità. Questo dovrebbe valere ora e per sempre, ma soprattutto ora, che la popolazione studentesca presenta i segnali più evidenti dei disagi psicologici e sociali provocati dalla dad e le importanti lacune nei livelli di apprendimento che non sono state minimamente recuperate in questi mesi. Ricordiamo al Ministro un altro dato forse sfuggito: la perdita di apprendimento stimata a oltre il 30% per gli studenti italiani in questi anni di didattica a distanza (CNEL). È sconcertante assistere alla mercificazione politica di un momento così importante per la vita di ogni studente e futuro cittadino” commenta il Direttore Generale.
“Quello che servirebbe è un serio piano di recupero delle competenze perse non la fiera dell’ipocrisia di chi applaude una normalità per cui non si è lottato, non si è lavorato, ma soprattutto che è irreale. Sarei la prima a pretendere un esame di maturità di qualità, ma questo solo dopo che a ogni studente venisse garantito un diritto allo studio vero e non formale. In Italia” rincara Scalfi “migliaia di giovani non si vedono ancora riconosciuto questo diritto. La scuola è seria e di qualità non certo per l’esame finale ma per i requisiti che garantisce un intero percorso: qualità degli spazi, qualità delle attrezzature, qualità della didattica, qualità e serietà nella valutazione. Mettere la bandierina sull’esame finale significa solo pulirsi la coscienza rispetto alle innegabili ed evidenti mancanze che, negli anni, la classe politica e istituzionale hanno maturato nei confronti della scuola. In un paese civile” conclude Scalfi “la normalità non dovrebbe essere l’esame di maturità con una, due o tre prove, ma garantire un percorso che faccia crescere cittadini consapevoli e competenti in grado di affrontare le sfide di un mondo complesso”.