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16 Maggio, Giornata delle comunicazioni sociali

Il Direttore del PIME padre Mario Ghezzi:

“Se il Verbo si è fatto carne, noi non possiamo

prescindere dalla carne. Dobbiamo

tornare ad annunciare il Vangelo in carne e ossa”.

Durante gli ultimi 14 mesi, la gestione del Covid 19 ha comportato lo sviluppo delle nostre relazioni di lavoro, di formazione e di vita nella dimensione digitale e nelle aziende come nella comunità sociale, c’è chi si è assuefatto a questo trend e trova le nuove modalità virtuali di rapporto umano non solo più pratiche ma perfino più
efficaci.
Questo anche a fronte di un provato disagio di bambini e giovani. A lanciare un appello per il recupero di relazioni umane reali è il Direttore del PIME-Pontificio Istituto Missioni Estere – di Milano, padre Mario Ghezzi. “Non possiamo stare senza l’incontro con l’altro in carne e ossa – dice -. Se la pandemia non ci ha
insegnato questo, abbiamo perso un’occasione fondamentale”.
Il Missionario, che ha prestato servizio vent’anni in Cambogia (“Il Vangelo in risaia”, ed. Pimedit), parla dalle pagine dello storico periodico PIME “Mondo e Missione”, numero di Maggio 2021, dove firma gli editoriali.
“I missionari del PIME hanno fatto dell’incontro con i popoli e le persone lo strumento con cui annunciare il Vangelo”.
La Buona Notizia – spiega Padre Grezzi – prende carne proprio nelle relazioni umane che si instaurano con le persone facendo nascere storie di conversione bellissime, spesso commoventi. Cambiando le vite completamente”.
E questa non è teoria, ma esperienza sofferta. Basta pensare, ricorda il Padre, la prima missione PIME in Papua Nuova Guinea, fallita tra morti e malattie, ma inizio di una storia gloriosa che dura da 171 anni, “quella di pochi uomini testardi che solcano mari e oceani semplicemente per dire a qualcuno che non li ha chiamati che conoscere
Gesù è bello, vale la pena vivere con Lui come compagno di viaggio”.
D’altronde, perfino nella Silicon Valley, i colossi della tecnologia digitale ora chiedono ai propri dipendenti di trascorrere almeno metà del loro tempo in presenza, riducendo il lavoro da remoto.
“Certamente è un bene essere nel mondo digitale per annunciare il Vangelo anche lì – conclude Padre Ghezzi -, ma non possiamo rinunciare allo “stare”, all’incontro personale e reale, allo scambio di sguardi vero e diretto, perché se “il Verbo si è fatto carne” noi non possiamo prescindere dalla carne. I giovani frequentano le piazze digitali: dobbiamo incontrarli lì per conoscerli e poterli abbracciare per davvero”.

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