Roma – Sono circa 7mila i senza fissa dimora romani, una citta’ nella citta’ fatta di persone invisibili. E il loro numero rischia di aumentare a causa della crisi innescata dalla pandemia. “Nell’ultimo periodo sono aumentati. Chi sopravviveva con lavori precari, a marzo scorso, con il lockdown e’ finito in mezzo alla strada”, spiega Davide Conte, di Arci Pianeta Sonoro, la realta’ che ha dato vita al progetto ‘Akkittete’ coordinando decine di associazioni territoriali, e che raccoglie e distribuisce generi alimentari, vestiti e beni di prima necessita’ a chi vive sul marciapiede. Siamo stati in giro per una notte con lui e Andrea, un altro volontario, per vedere in che modo decine di persone stanno affrontando non solo la pandemia, ma anche il freddo di gennaio.
Il nostro ‘tour’ inizia in via Casilina, vicino piazza Lodi, dove ci fermiamo a distribuire te’ caldo e mascherine a tre persone che vivono sotto la Tangenziale est. Una di loro e’ una giovane ragazza romana, la tossicodipendenza e altre vicende personali l’hanno portata dov’e’: rannicchiata in una coperta, sul cemento. Le spunta un sorriso meraviglioso quando vede Andrea e Davide, li conosce.
La salutiamo perche’ i te’ da distribuire sono tanti. Proseguiamo per San Lorenzo, dove in piazzale del Verano tra roulotte e alberi, vive un piccolo gruppo di senza fissa dimora. Uno di loro,- non diciamo il suo nome come da lui richiesto- ci racconta di come abbia cercato e stia ancora cercando lavoro, e di come spesso le porte gli vengano chiuse quando si viene a sapere della sua vita in strada, dentro una tenda.
Ha un figlio di circa 10 anni: “Non vive qui ma con mia moglie, non vorrei leggesse di me”, ci dice.
Il viaggio prosegue a Piazza Vittorio, dove il tema degrado e’ caldo, al contrario dei marmi dei marciapiedi sui quali dormono ogni sera decine di persone. I residenti, giorni fa, hanno detto ‘basta’ e hanno presentato una diffida alla sindaca Raggi. Eppure del ‘caldo’ a Piazza Vittorio c’e’ proprio bisogno e cosi’ Davide, Andrea e gli altri, ogni volta che escono portano il te’ bollente e tanti biscotti che vengono molto apprezzati.
Ma il cuore pulsante dell’abbandono lo si trova alla stazione Termini, chiusa di notte, circondata da persone in cerca di un riparo. Sui lati di via Marsala e via Giolitti sono lunghe le file di tende e cartoni. Il lato su piazza dei Cinquecento invece, non dorme. “Qui – ci spiega Davide – si ritrovano le persone che sono in strada da poco. Domani probabilmente molti di loro non ci saranno piu'”. Per questo passare la notte qui e’ molto pericoloso. Spacciatori, ubriachi, gente affamata, rendono impossibile prendere sonno.
Tra loro anche un avvocato arrivato da qualche giorno dal Venezuela, con doppio passaporto, i suoi lontani parenti italiani non ne vogliono sapere di lui. Unica soluzione, per ora, la strada. Sotto i portici che guardano via Cavour, altre fila di sacchi a pelo scaldano invece i senza tetto piu’ ‘abituali’ della stazione Termini.
Dopo aver distribuito coperte e biscotti, con i ragazzi di ‘Akkittate‘ ripartiamo alla volta di via Marmorata. Il grande edificio della Poste italiane di Testaccio, ospita le file notturne. Quelle dei sacchi a pelo e dei cartoni. Ormai e’ notte fonda, sono quasi le 4, dormono tutti. Due di loro pero’ si svegliano e si accorgono dei volontari, ormai li conoscono, sono amici. “Per favore abbiamo bisogno di scarpe. Un 44 magari”, chiede uno di loro. I volontari prendono nota.
“A marzo terminera’ il blocco dei licenziamenti – racconta Davide – e siamo certi che molte altre persone finiranno in strada. Molti pensano che i senza fissa dimora siano solo gli sbandati, gli ubriachi, i drogati, ma non e’ cosi’. C’e’ gente come noi”.
Dall’inizio dell’inverno a Roma sono morti 10 clochard e 4 per cause riconducibili alle basse temperature. Spesso capita che i cadaveri vengono ritrovati dai passanti o dagli amici di sventura. “Non si vedono, ma ci sono. – racconta Davide – Vivono nelle stazioni, sotto i portici o i ponti, ma anche in luoghi meno in vista come rifugi di fortuna lungo le sponde del Tevere o dell’Aniene, nei parchi, o all’interno di occupazioni. Noi facciamo quello che facciamo perche’ crediamo in una societa’ che puo’ salvare se’ stessa. Dove sono le istituzioni?”.
Per chi volesse contribuire o aiutare i ragazzi di ‘Akkittate’: akkittate@gmail.com