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Aborto. Assistenti Sociali del Piemonte: “Le donne devono essere informate sui diritti e supportate nelle loro decisioni, senza giudizio”

In Piemonte si è riacceso il dibattito intorno all’aborto e alla legge 194. A destare preoccupazione è una Determinazione Dirigenziale che definisce i criteri per aderire agli “elenchi presso le ASL delle organizzazioni ed associazioni operanti nel settore della tutela materno-infantile”, facendo riferimento all’art. 2 della legge 194/78 laddove prevede “che i consultori, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni si avvalgano, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato”. Tra i criteri individuati, infatti, si richiede la “presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento”.
L’Ordine Assistenti Sociali del Piemonte prende parola per ricordare le finalità e i compiti dei Consultori che, come evidenziano i valori della L. 194 e della legge costitutiva 405/1975, necessiterebbero di scelte strategiche volte a rafforzarne il ruolo di sostegno alla donna nel suo diritto di scegliere. La legge sancisce il diritto della donna di scegliere di interrompere una gravidanza che, nei limiti consentiti, resta un diritto che attiene alla sfera privata e alla
responsabilità individuale. Antonio Attinà (Vice Presidente Ordine Assistenti Sociali del Piemonte) afferma: «Il diritto di scegliere delle donne non è da semplificare con il concetto errato di libertà di abortire, ma come un diritto di potersi autodeterminare. Parliamo qui di una libertà che lascia la donna di fronte alla propria scelta, senza colpevolizzarla, senza demonizzarla, ma riconoscendole il ruolo di persona che decide in libertà. Per questo ogni donna, all’interno dei consultori, necessita di un sostegno imparziale e nel rispetto delle sue convinzioni etiche».
Attinà conclude: «La normativa regionale e nazionale fa riferimento al compito dei consultori di sostenere le maternità difficili per ragioni economiche e sociali che potrebbero spingere all’aborto. Sarebbe utile, in riferimento a questo tema, concentrare il focus delle politiche sociali sulle misure e le prestazioni ancora mancanti oppure presenti ma parcellizzate, frammentate, di difficile accesso. Viviamo in un paese in cui i servizi per l’infanzia andrebbero
potenziati, dove sono deboli le tutele per diverse categorie di lavoratori e dove le reti familiari sono sempre meno strutturate e sempre più fragili.
Se mancano condizioni adeguate per vivere è più difficile diventare genitori. Invitiamo per questo i decisori politici a sviluppare politiche socio sanitarie integrate e diffuse nei territori e a sostenere i consultori con azioni volte a garantire con ancora più forza il basilare diritto di scelta delle donne».

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