«Esprimiamo la nostra vicinanza alla famiglia che non riesce più a tenere il figlio a causa della grave diagnosi di autismo. Le varie forme di disabilità possono essere un peso enorme e talvolta nel tempo divenire insostenibile per le famiglie. Lo Stato già eroga diversi servizi ma questi possono non bastare se intorno alle famiglie non si costituisce una rete che non li lasci soli e gli possa dare sollievo in taluni momenti». E’ quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito alla vicenda del bambino autistico rifiutato dalla famiglia.
«In casi come questi una casa famiglia fa la differenza: – continua Ramonda – sono luoghi in cui una mamma e un papà, insieme ad altri figli ed una rete di persone che vi gravita intorno possono condividere il peso della disabilità per evitare che ricadono solo su una persona o una coppia. Nelle nostre case in Italia accogliamo 93 bambini con varie disabilità – sia psichiche che fisiche – anche gravissime. Pertanto ben conosciamo la gioia e la fatica di condividere la vita con questi piccoli».
La Comunità Papa Giovanni XXIIIgestisce 251 case famiglia in Italia ed in 42 paesi del mondo, in cui sono accolte 1283 persone. Vere famiglie in cui c’è posto per tutti, seguendo l’intuizione più profonda di don Oreste Benzi, che vide nella famiglia il luogo naturale dell’accoglienza.