Arrivederci estate, se i cambiamenti climatici lo vorranno, da oggi sarà autunno. L’equinozio è scattato il 23 settembre alle 3,54 ora italiana. Dall’altra parte del globo alla stessa ora ha avuto inizio la primavera, nell’emisfero meridionale
(Ansa) Il 23 settembre arriva l’equinozio d’autunno, salutato da Venere al massimo della sua luminosità. E’ un giorno speciale perché segna l’arrivo di una nuova stagione e perché “la durata del giorno è uguale a quella della notte. Il disco solare rimane infatti per lo stesso numero di ore sopra e sotto l’orizzonte”, spiega l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope. Il termine equinozio deriva infatti dalle parole latine ‘aequus’, che significa uguale, e ‘nox’, notte.
L’equinozio scatta alle 3,54 italiane quando “il Sole, nel suo movimento apparente lungo la proiezione in cielo dell’orbita terrestre, ossia l’eclittica, incrocia l’equatore celeste, passando da Nord a Sud“, spiega Masi. Nello stesso giorno nell’emisfero meridionale comincia la primavera perché “dal punto di vista delle stagioni gli equinozi hanno un valore opposto nell’emisfero meridionale e in quello settentrionale”. Durante l’equinozio, inoltre, “il Sole passa esattamente allo zenit, posto al centro della volta celeste: questo significa che un osservatore che si trova lungo la linea dell’equatore terrestre, durante l’equinozio, vede il Sole sulla sua testa, cioè a 90 gradi precisi sull’orizzonte”.
L’appuntamento con questo evento astronomico non cade sempre nella stessa data, “ma – osserva l’astrofisico – oscilla tra il 21 e il 24 settembre, a causa degli anni bisestili che possono farlo slittare anche di molte ore da un anno all’altro”. Nel 2017, per esempio, l’equinozio d’autunno è avvenuto il 22 settembre, “perché eravamo più vicini all’ultimo anno bisestile, ossia il 2016”.
Se quest’anno l’equinozio primaverile è sembrato in anticipo sulla data, avvenendo il 20 marzo invece che il 21, l’equinozio autunnale se la prenderà più comoda, cadendo il 23 settembre invece dell’atteso 21. Abbiamo chiesto a Andrea Longobardo, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), il perché di questo ritardo: «Se l’asse terrestre fosse perpendicolare al piano orbitale, noi avremmo per tutto l’anno il giorno uguale alla notte, e quindi non ci sarebbero le stagioni. Poiché l’asse è inclinato sul piano orbitale, i raggi sono perpendicolari all’asse terrestre solo due volte l’anno, in due punti opposti dell’orbita.
Uno è l’equinozio di primavera, l’altro è l’equinozio di autunno che dovrebbe avvenire esattamente sei mesi dopo. In realtà, poiché nei mesi estivi la Terra è più lenta nel suo moto di rivoluzione, l’equinozio d’autunno ritarda un po’ e giunge il 23 settembre». Insomma, il ritardo non è dovuto a una Terra semplicemente più pigra nella seconda metà dell’anno, ma al suo moto di rivoluzione intorno al Sole che, come spiegato dalla seconda legge di Keplero, risulta leggermente più lento in prossimità dell’afelio terrestre, il punto della sua orbita in cui la Terra dista maggiormente dal Sole, posizione che il nostro pianeta ha occupato a luglio.