I detenuti sotto la guida dell’agronomo Luca Rando coltivano ortaggi. Da questa esperienza sono nate due cooperative che hanno creato occupazione. E come clienti ci sono gli chef Ducasse, Heinz Beck e Alajmo. L’esperienza dei dolci al “Due Palazzi”
Dal carcere ai piatti stellati. L’ocra-gombo è quasi un peperone, con un retrogusto tra il carciofo e l’asparago, contiene molto acido folico e tra le sue proprietà pare ci sia quella di regolarizzare la glicemia. Insieme allo Snap sugar pea (pisellino mangiatutto) tipico dei paesi anglosassoni e ad altri ortaggi molto particolari, le sue piantine crescono dietro le mura del carcere di Rebibbia per poi continuare la coltura fuori dalle sbarre, nella piana reatina dove chef stellati, Alaine Ducasse, Heinz Beck e, soprattutto Massimiliano Alajmo, vengono a fare la spesa.
Scegliendo direttamente dal campo. Luca Rando, 36 anni, guida con passione un gruppo ormai esperto di detenuti, qualcuno “recluso da trentacinque anni, altri – racconta – ergastolani. Uno di loro si era rinchiuso nel mutismo che però, lavorando la terra, un giorno si è spezzato”.
Sono diventati i suoi assistenti, curano i semi da cui nasceranno pomodori di particolari varietà americane, la bieta giapponese, i cavoli cinesi. All’interno del carcere, coltivano anche i prodotti che poi consumeranno con il personale. Dai sequestri e dagli assalti alle banche a mettere le mani nella terra, per poi prendersi cura di fragili piantine adattandosi ai ritmi lenti e talora anarchici della natura, il passo non è breve. Ma Luca ama follemente questa parte del lavoro perché, aggiunge, “li ho visti cambiare faccia e aprirsi”.
Rando è nato a Chieri, in Piemonte, da genitori veneti ed è cresciuto a Padova. Studi di agraria, poi l’università. Nel suo curriculum c’è anche il diploma di super-intendente di tappeti erbosi (campi da golf e calcio). A Rieti lo hanno portato il cuore, la fidanzata, e il concorso per il Coni: “Se vado avanti con il progetto è anche grazie al supporto dei miei genitori e della famiglia della mia ragazza che mi sorreggono”.
E nella città della Sabina c’è stato poi l’incontro fortunato con Musetta Mantero, pittrice comasca e figlia di un industriale della seta che ha deciso di finanziare il suo sogno ed entrare in società con lui: “L’ambiente sotto il profilo umano non è dei più facili. Qui – aggiunge – molti mi vedono ancora come uno straniero, ma la terra e l’aria che si respira sono perfette per realizzare il mio progetto. Coltivare ortaggi particolari per un pubblico che ama il cibo di qualità”.
L’azienda si chiama “L’Orto di Leopoldo” e si sviluppa su un terreno di sette ettari e mezzo nella pianura, molto fertile e ricca di acqua, cratere post sisma, dove Luca coltiva verdure ricercate come, per esempio, il baby broccolo, il radicchio rosa e quello oro. Si aggiungono altri diciassette ettari presi in affitto in un comune di montagna, Leonessa, famosa per le patate. “Parto da una base sperimentale, faccio delle campionature, osservo come funzionano le piante, come reagiscono al clima. Poi provo le piantine, dal seme al prodotto in tavola”.
L’incontro con Rebibbia avviene quando Rando viene chiamato dall’impresa sociale Enaip a fare il docente nei corsi regionali per i detenuti di tutte le età, ed è poi una naturale conseguenza decidere di rimettere in piedi una cooperativa nata nel carcere, “Le Terre di Barbara”, che oggi fa squadra con l'”Orto di Leopoldo” e dà lavoro ai detenuti-agricoltori.
L’agronomo padovano è anche impegnato nella Cia-agricoltori italiani di Roma e nell’associazione dei giovani agricoltori Agia. Da qualche tempo si divide tra il suo Orto, dove conduce una ricerca sulle verdure utili contro il morbo di Gaucher, il carcere di Rebibbia e ora anche la sezione femminile, dove c’è una squadra di dieci agricoltrici. Il suo sguardo si perde sui prati con le arachidi in piena fioritura: “Queste sono per lo chef Alajmo. Le ho seminate solo per lui”. Tra pionieri ci si intende. La formazione al lavoro dei detenuti è stata portata avanti anche nelle carceri del Nord Italia. Al “Due Palazzi” di Padova è stato portato avanti il progetto laboratorio pasticceria, grazie al quale vengono preparati dolci per negozi e ristoranti. Nel 2003 sempre nello stesso istituto penitenziario sono stati fatti i corsi per decoratori grazie alla collaborazione di imprese esterne con tanto di consegna di diplomi. (Da buonenotizie Corsera)