Grazie a un bando erogato dalla Regione Sicilia» continua, «abbiamo avuto la possibilità di pensare a un luogo dove le persone possano andare a mangiare senza sentir sulle spalle il peso del proprio disagio economico».
Una scelta che non incide sulla qualità dei prodotti, considerato che si è sempre pensato che al più disagiato economicamente venga destinato lo scarto di cibo.
Anzi, Open Food desidera mettere allo stesso livello qualunque stato di disagio economico vendendo il cibo al costo simbolico di 1 euro, affidandosi anche al senso civico del singolo cittadino. Chi può dona infatti un ulteriore contributo.
Perché chi è in difficoltà economica deve venire dopo chi non lo è, e ricevere gli scarti? Una domanda che caratterizza uno dei principali problemi che Open Food si prospetta di risolvere, ovvero la stigmatizzazione della povertà.
«È difficile ricominciare daccapo quando si ha indosso l’etichetta di fallito». Open Food non riguarda solo fasi tecniche e d’impresa, bensì guarda in particolar modo al benessere psicologico e sociale del cittadino in forte disagio economico.
Bisogna cambiare prospettiva e creare mense di comunità, non di povertà, dove le persone non perdano fiducia in se stesse, ma vengano coinvolte in un processo che le metta a proprio agio stimolandole.
«Ci ribelliamo all’equazione povero – cibo di scarto» dice Massimo Primavera, direttore di Coldiretti Sicilia, asserendo l’esigenza di tradurre l’impegno in qualcosa di concreto e replicabile...continua su