BUONA PASQUA A TUTTI I LETTORI DI CORRIEREQUOTIDIANO.IT
“Non v’accorgete voi che noi siam vermi, nati a formar l’angelica farfalla” ammonisce Dante nella Divina Commedia.
“Quello che il bruco chiama fine del mondo, per tutti si chiama farfalla”, diceva Lao Tzu, mille anni prima.
“E se diventi farfalla, nessuno pensa più a ciò che è stato quando strisciavi per terra e non volevi le ali” chiosa più modernamente Alda Merini.
Credo che sia una interessante chiave di lettura per gustare il mistero della Pasqua di risurrezione di Gesù, che rompe il sepolcro, spezza il bozzolo della nostra esistenza fatta da tante esperienze di morte interiore.
E come per la crisalide, resta uno spazio vuoto: solo così il futuro può invadere le nostre vite, solo così la speranza può riempire il dolore e la fatica, solo così la grazia può vincere e renderci graziati e graziosi.
Molte volte preferiamo adattarci al calduccio del sepolcro, facendoci andare bene, da rassegnati, i pietroni che bloccano o le bende che ci vanno strette, rimanendo striscianti nel passato e chiusi nel presente.
Gesù, il Crocifisso Risorto, glorioso nella luce dell’alba, nei colori splendenti della vittoria della primavera, con le braccia spalancate, sembra una meravigliosa farfalla.
Le ali sono ciò che fanno del bruco una farfalla: la vita nuova. Non è così facile volere le ali, perché comporta il coraggio di un passaggio radicale (in ebraico pesah, pasqua) che rende abitanti dell’infinito e cittadini del cielo, come una farfalla.
Quella trasformazione di vita che è la risurrezione ci riconsegna oggi tre caratteristiche della farfalla per smettere di stare sotterrati nel buio come bruchi e per rompere il tepore comodo del guscio della crisalide.
1. Una farfalla cerca sempre il lato soleggiato della vita, perché ognuno di noi merita un po’ di luce e di calore, dopo aver lottato per uscire dal bozzolo. Però nel momento in cui ti verticalizzi, cioè accetti di allargare l’orizzonte e alzare prospettiva, devi mettere in conto che non si vola mai al primo tentativo, serve darsi tempo e trovare equilibrio con pazienza e costanza. Inoltre sono da considerare i venti contrari, le turbolenze, come pure la possibilità di smarrirsi disorientati. E ricordiamoci che solo il bruco che striscia non cade mai.
2. Una farfalla, poi, presta sempre attenta cura alle sue ali: non possiamo cambiare se prima non scegliamo di amarci, se non attiviamo le giuste energie nelle piccole attenzioni, se non siamo disposti a mollare tutto ciò che ci zavorra, se non facciamo brillare i colori delle nostre qualità, se non impariamo a prenderci alla leggera.
3. Una farfalla, infine, insegna che non conta per cosa corri, ma per chi ti fermi. Infatti, se insegui una farfalla non riesci mai a prenderla, se invece ti metti a curare un giardino essa verrà da te. È il coltivare autoironia su di sé e tolleranza verso gli altri, è il coltivare la capacità di mettersi in discussione, è il coltivare la linfa delle radici, è il coltivare la bellezza degli attimi, è il coltivare la luce dei sorrisi. Forse anche per questo noi raffiguriamo l’amore come l’avere le farfalle nello stomaco.
Insieme serve la forza di lottare per difendersi dai parassiti. Noia, paura, rabbia, lamentela, rassegnazione, pregiudizi, sono bende di morte, sono bozzoli che imprigionano.
Quello che il bruco chiama fine del mondo, per tutti si chiama farfalla: non v’accorgete che siam nati a formar l’angelica farfalla? non v’accorgete delle vostre ali leggere, luminose, colorate?
È la sfida della Pasqua, dell’angelica farfalla, della primavera. Oggi il Risorto ci sussurra: “Ti troverai prigioniero e bendato, ti sentirai affondare nel buio e ti chiederanno di scegliere tra cedere lasciandoti annegare, o stare fermo galleggiando, o sforzarti per uscire e ri-uscire. Tu ricordati della farfalla e scegli di volare!”.
Mons. Giulio Dellavite
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