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IDO,DI RENZO:IL FUTURO DELLA RICERCA E DELLA PRATICA CLINICA E’ NELL’INTEGRAZIONE DEI SAPERI

Il futuro della ricerca è nell'integrazione, dal momento che ogni branca del sapere ci dà informazioni.

DI RENZO : ATTENTI A PROCESSO CRESCITA, NO A DIAGNOSI CATEGORIALI

Roma, 24 ottobre – “La modalità di approccio all’età evolutiva che ci caratterizza mette il bambino al centro di ogni speculazione e considera sempre la complessità del disturbo. Ogni manifestazione in età evolutiva, ma anche in età adulta, è il risultato di innumerevoli fattori che intervengono nel processo di crescita. Quindi, ogni volta che ci troviamo di fronte a un disagio o a un disturbo dobbiamo recuperare quella dimensionalità, persa negli ultimi anni con le diagnosi categoriali, per permetterci di scrivere la storia del bambino”.

Apre così Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), la prima delle due giornate precongressuali interamente in live streaming sul sito Ortofonologia.it. Un evento che permette all’IdO di presentare l’offerta formativa della Scuola di specializzazione in Psicoterapia psicodinamica dell’età evolutiva dell’IdO e della Fondazione MITE.

La letteratura internazionale “ha reso noto che il bambino è competente già dai primi anni vita- continua la psicoterapeuta- alla nascita, ad esempio, ha il cosiddetto dispositivo di riconoscimento di contingenza, ovvero la capacità di cogliere i nessi causali. Le neuroscienze dicono che ci sono strutture innate in ognuno di noi ma predisposte con dei vuoti. Significa- spiega ancora la specialista- che ci sono degli elementi archetipici innati e predisposti con dei vuoti che poi l’ambiente interviene a plasmare. Sappiamo, pertanto, come i meccanismi epigenetici trasformino il patrimonio originario”.

La ricerca scientifica mette ormai sotto la lente di ingrandimento il periodo gestazionale: “È una realtà che in ambito psicodinamico abbiamo da sempre considerato. I dati che le neuroscienze hanno messo a disposizione- conferma la responsabile del servizio Terapie IdO- ci permettono di valutare la scientificità di queste considerazioni: non sono solo interpretazioni di ordine psichico- rimarca Di Renzo- perché nella prima infanzia nulla può essere solo psichico o solo biologico”.

Si parla infatti di realtà biopsichica, in quanto “evolve grazie a tutto quello che c’è intorno. Una buona sintonia tra il bambino e la mamma a tre mesi di vita è predittiva di una migliore disposizione sociale a tre anni. Inoltre, se a tre mesi di vita c’è una buona sintonia con i genitori, anche questa è predittiva di una migliore competenza sociale, di una capacità di simbolizzazione, di buone competenze in età prescolare e della capacità di reggere i conflitti poi in età adolescenziale”.

Una ricerca scientifica sul trauma effettuata da Clara Mucci, ordinaria di Psicologia clinica dell’Università degli Studi di Chieti, sottolinea proprio quanto “la dimensione affettivo corporea sia determinante nella strutturazione dei traumi successivi. La docente ha connesso poi i disturbi borderline in adolescenza con la relazione primaria”. Sempre citando i risultati delle ricerche scientifiche, Di Renzo ricorda che “al terzo mese di gravidanza si attivano le vie al cervello, e sappiamo che gli eventi stressanti in gravidanza predispongono il bambino a un maggiore rischio di disturbi neuroevolutivi. Un dato che ha dimostrato quanto l’attività simpatica nella madre sia determinante in eventuali alterazioni”.

Come si può allora trascurare questa informazione, chiede Di Renzo, “quando guardiamo un bambino a 7 anni con un problema nelle condotte sociali o nell’apprendimento, se sappiamo che la sintonizzazione favorisce tutto questo? Parliamo di un ordine di complessità che chiama in causa la necessità di avere un’equipe multispecialistica- prosegue la direttrice della scuola di specializzazione IdO-MITE- che per noi è un modello. Il futuro della ricerca è nell’integrazione, dal momento che ogni branca del sapere ci dà informazioni.

Il problema in ambito clinico è coniugare tutto questo- sottolinea la specialista- sebbene sia difficile rendere operativo un modello in cui questa integrazione sia realmente diffusa e non solo una definizione teorica. Con queste due giornate noi lo facciamo mettendo insieme tante voci differenti- fa presente la terapeuta- dai pediatri ai neuropsichiatri, dagli psicologi ai logopedisti e psicomotricisti, senza dimenticare i docenti e i dirigenti scolastici”.

Il ruolo del pediatra è, infatti, “fondamentale perché apre domande. Loro sono dei contenitori di regole laddove il collettivo ha perso la rete familiare che per tradizione tramandava le regole. È allora nostro compito aiutare i genitori e mi piace pensare che a condividere questo impegno ci siano anche pediatri, neuropsichiatri e psicologi illuminati- prosegue la psicoterapeuta- nel senso che non restringano il loro ambito di intervento all’unica cosa che devono guardare, ma che possano connettere tutti questi elementi”.

È un lavoro doveroso, continua DI Renzo, quello di “scorporare gli elementi che non appartengono al bambino, altrimenti tutto si tradurrà in una diagnosi fatta al piccolo. La difesa del bambino contempla invece- aggiunge la responsabile dell’,- non una distribuzione di colpa ma di responsabilità”. Bisogna infine recuperare il termine “percorso”: “Si tende a parlare tantissimo di traiettorie, ma queste hanno una dimensione sempre più lineare e indicata per definire appunto la traiettoria di un disturbo.

Il percorso, invece, non è lineare, è assolutamente articolato ed è nato all’interno del mondo psicodinamico con il concetto formulato da Anna Freud di ‘linee di sviluppo’ in cui i termini normalità e patologia vengono definiti dall’insieme di tutti gli aspetti presenti nel bambino. Le vere valutazioni- conclude Di Renzo- si fanno attraverso i percorsi terapeutici”.

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