“Ciò che suggerisce la nostra esperienza come Associazione, e quindi come punto di raccolta di esperienze e testimonianze, è che la balbuzie sia talmente limitante che spesso chi balbetta arriva con il tempo a identificarsi con essa. Questa idea si radicalizza col passare degli anni e spesso emerge in modo prepotente in età adulta, ma è nell’infanzia che si innesta e cresce. Il bullo consolida questa percezione: Tu sei il tartaglia” afferma Valentina Letorio, psicologa, ex balbuziente, tra le fondatrici dell’associazione Vivavoce.“Proprio per questo, mi addolora quando in una trasmissione televisiva, come è successo di recente a Tù sì que vales, si usa la balbuzie come pretesto per far ridere la gente. Se i bambini sentono un noto personaggio televisivo che deride un balbuziente, si sentono legittimati a deridere un loro compagno che balbetta. Le conseguenze di questo, credetemi, sono terribili… Le persone devono essere libere di non essere giudicate per il modo in cui parlano, così come per il loro orientamento sessuale o la loro forma fisica: per quel che riguarda la balbuzie il percorso da fare è ancora molto lungo ma qualcosa di concreto si può fare. Ho voluto fortemente la creazione di un centro per aiutare le persone con problemi di comunicazione, per risparmiare a tanta gente la fatica che ho fatto io perché la balbuzie è un disturbo devastante: se la società ne sapesse di più sulla balbuzie forse ne riderebbe di meno” conclude Giovanni Muscarà, ex balbuziente, fondatore del Centro Medico Vivavoce e vice-presidente dell’Associazione Vivavoce. |