“Come proteggere i minori che sono i soggetti piu’ vulnerabili nel mondo del web?”.
Questo il quesito posto da Paola Gallozzi, avvocato del Foro di Milano, esperta in protezione dei dati personali e componente del D&L network, intervenuta all’evento DIG.eat ‘Minori e rete’ (https://www.digeat.it/event/webinar-minori-e-rete/ ) promosso da ANORC, Associazione Nazionale Operatori e Responsabili della Conservazione dei dati, e patrocinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (https://anorc.eu/dig-eat/).
“Una risposta a questa domanda la si puo’ trovare nella formazione digitale. Occorre- sottolinea Gallozzi- educare i giovanissimi all’uso consapevole e corretto del web e al rispetto della persona e di ogni suo dato”. “I minori- aggiunge l’esperta in protezione dei dati personali- spesso vengono lasciati soli nella rete. Dalla propria camera un bambino con un clic si rapporta con il mondo intero e questo accade il piu’ delle volte in modo inconsapevole e gli stessi genitori ne sono estranei”.
Il Regolamento europeo 679/2016- prosegue Gallozzi- definisce soggetti vulnerabili i minori che navigano in rete perche’ non hanno strumenti atti a riconoscere l’importanza dei loro diritti e dei loro dati. I minori, infatti, hanno una tutela giuridica ad hoc”, precisa l’esperta. L’avvocato ha, infine, affrontato il tema del cyberbullismo.
“Attraverso i social network e le applicazioni di messaggistica un ragazzino potrebbe ritrovarsi vittima di atti di cyberbullismo che potrebbero avere una diffusione virale. Per proteggerlo, dunque, ribadisco ancora una volta l’importanza dell’educazione digitale, l’unico strumento che puo’ essere uno scudo per le famiglie e per il minore stesso”, sostiene Gallozzi.
“Di recente- sottolinea l’Avvocato- si sono sviluppate nuove forme di cyberbullismo. Parliamo del sexting che consiste nell’acquisizione di materiale intimo con lo scopo di divulgarlo in rete senza il consenso dell’interessato. Potremmo anche citare- prosegue- l’hate speech, l’incitamento all’odio attraverso discorsi in rete che hanno lo scopo di esprimere disprezzo verso la vittima”, conclude Gallozzi.