di Luca Marcolivio
È proprio dell’uomo essere “debitore davanti a Dio”, dal quale “abbiamo ricevuto tutto, in termini di natura e di grazia”.
Lo ha detto Papa Francesco durante l’Udienza Generale, introducendo la sua catechesi sulla seconda parte quinta petizione del Padre Nostro:
«come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12).
“La nostra vita non solo è stata voluta, ma è stata anche amata – ha spiegato il Santo Padre –. Davvero non c’è spazio per la presunzione quando congiungiamo le mani per pregare”.
Nella Chiesa, ha aggiunto, non esistono “self made man” ma tutti sono “debitori verso Dio” e verso le persone che permettono “condizioni di vita favorevoli”, perché “la nostra identità si costruisce a partire dal bene ricevuto”.
Pregare vuol dire imparare a dire “grazie” a Dio e a chiedergli la sua benevolenza. Con Dio ci sarà sempre un “debito incolmabile”, perché “Egli ci ama infinitamente più di quanto noi lo amiamo”. Ci sarà sempre, nonostante il nostro impegno, “qualcosa di cui chiedere perdono” a Lui: dai “giorni trascorsi pigramente, ai momenti in cui il rancore ha occupato il nostro cuore”.
La prima parte della petizione, “Rimetti a noi i nostri debiti”, è strettamente legata alla seconda, “come noi li rimettiamo ai nostri debitori”: “La relazione di benevolenza verticale da parte di Dio si rifrange ed è chiamata a tradursi in una relazione nuova che viviamo con i nostri fratelli”, ha osservato il Pontefice.
La meditazione entra così nel cuore del messaggio cristiano, il perdono per i peccatori: “Nulla nei Vangeli lascia sospettare che Dio non perdoni i peccati di chi è ben disposto e chiede di essere riabbracciato”. Eppure questa grazia di Dio, per quanto “abbondante”, è “sempre impegnativa”: chi ha “ricevuto tanto deve imparare a dare tanto e non trattenere solo per sé quello che ha ricevuto”.
Il Vangelo usa un’espressione “forte”: «se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe» (Mt 6,14-15). C’è gente che, persino in punto di morte, si ostina a dire: “Io non perdonerò mai”. Ma se non lo farà, Dio non li perdonerà, ha ammonito il Papa, esortando: “Se non ce la fai, chiedi al Signore la forza”.
Anche la parabola del servo debitore, menzionata da Francesco, richiama alla coerenza sul perdono: “Se non ti sforzi di perdonare, non verrai perdonato; se non ti sforzi di amare, nemmeno verrai amato”, ha ribadito Bergoglio. Non tutto, ha proseguito, “si risolve con la giustizia”; “il male conosce le sue vendette e, se non lo si interrompe, rischia di dilagare soffocando il mondo intero”. Alla “legge del taglione”, Gesù sostituisce la “legge dell’amore”: non più “quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te” ma “quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te”.
Il Santo Padre invita sempre a riflettere “se siamo capaci di perdonare” e, in caso contrario, “di chiedere questa grazia a Dio”. “Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso: il perdono”, ha quindi concluso.
di Luca Marcolivio