avvocatoinprimafila il metodo apf

NON UNA DI MENO 8MARZO. Basta violenza e discriminazione di genere!

#salariominimo a 10 euro per tutte

discriminazione di genere

Per il sesto anno, le donne in tutto il mondo scenderanno in piazza al grido di NON UNA DI MENO, contro ogni forma di violenza e discriminazione di genere verso donne, ma anche gay, lesbiche, trans e queer.
Un movimento che attraversa ogni lotta attiva sui territori: contro il capitalismo per condizioni di lavoro più umane e dignitose e per il diritto alla casa, contro ogni muro e confine e per la liberazione da vecchie e nuove forme di controllo economico, sociale e politico.

PERCHE’ UNO SCIOPERO?

“Se le nostre vite non valgono, allora scioperiamo!”
L’idea alla base è ben riassunta dal movimento Non una di meno: lo sciopero femminista è inteso in senso sindacale come blocco del lavoro produttivo, e in senso politico, come astensione dalla cura della casa e della famiglia e liberazione dalle rappresentazioni di genere. Parlare di sciopero implica trovare nuovi strumenti per lottare in un mondo del lavoro segnato dalla difficoltà di ritrovarsi e riconoscersi sui luoghi di lavoro, base del processo di presa di coscienza di classe. La mobilitazione femminista sottolinea alcuni fronti di lotta comune fra generi: la femminilizzazione del lavoro non sta solo nel numero enorme di lavoratrici, ma anche in un modello che, nato come connotato della forza lavoro femminile e concretizzato nelle forme più dequalificate, precarie e sottopagate, va oltre le differenze di genere.

Se l’incidenza del lavoro temporaneo non registra un notevole divario (è al 13,6% per gli uomini e al 14,7% per le donne) a livello Ue, il dato cambia quando si guarda al part-time (30,2% le donne contro l’8,5% per gli uomini). La differenza tra il tasso di occupazione delle donne e quello degli uomini nell’Ue era dell’11,5% al terzo trimestre 2020. I dati riportati sopra si sommano al divario salariale di genere che in Europa si attesta al 14,1%, e peggiora al raggiungimento dell’età pensionabile, toccando il 30%.

Le donne in Europa lavorano in pochi settori, sono fortemente vincolate allo stereotipo che le vuole naturalmente inclini al lavoro di cura, raramente sono in ruoli decisionali nelle organizzazioni in cui lavorano, spesso lavorano part-time per conciliare vita e lavoro e vengono pagate meno. Questo vuol dire work-in poverty: lavorare, talvolta anche molte ore, e rimanere comunque a rischio di povertà.

L’introduzione di un salario minimo e di forti limitazioni sull’utilizzo del part-time da parte dei datori di lavoro è dunque un obiettivo che inciderebbe positivamente sulla vita di milioni di donne in Italia e in Europa.

Perciò, queste rivendicazioni riguardano tutte e tutti: per la fine delle discriminazioni economiche, culturali e sociali e per un mondo in cui le differenze restino su un piano di orizzontalità e, quindi, di arricchimento reciproco.

Ci vediamo domani 8 marzo dalle 15.00 nella piazza di Non Una Di Meno Firenze

Exit mobile version