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Pensare come i bambini per essere più “grandi”: l’importanza del pensiero laterale nel risolvere problemi

Che la Terra fosse piatta o che fosse il centro dell’Universo sono esempi di idee dominanti che polarizzano il pensiero lungo linee prestabilite. Ma come sarebbe oggi il mondo se tali certezze non fossero mai state messe in discussione? La storia dell’umanità è costellata di uomini che hanno saputo guardare la vita con occhi curiosi, e percorre sentieri fino a quel momento sconosciuti, riuscendo a interpretare la realtà in modo innovativo rispetto ai loro predecessori. L’essere umano, per sua natura, è portato a pensare fuori dagli schemi. A vedere il mondo da angolazioni radicalmente nuove e ad acquisire spunti per trovare soluzioni originali a vecchi problemi. Lo sanno bene i bambini che, in modo istintivo, guardano il mondo con creatività e fantasia e utilizzano gli oggetti in maniera non ordinaria, mettendo in atto il pensiero laterale.
«Un sasso può diventare un diamante e un bastone una bacchetta magica però, sempre più di frequente, modelli educativi, sociali, anche la stessa famiglia, incentivano il bambino a privilegiare la sua parte razionale, il pensiero ordinario che spinge a risolvere i problemi adottando modalità precostituite e uguali per tutti – spiega la psicologa Silvia Caldironi – il pensiero laterale viene così messo da parte per lasciare spazio al cosiddetto pensiero verticale, cioè quella sequenza di passaggi diretti e logici che vengono utilizzati per giungere ad una determinata conclusione, senza presupporre una divergenza di percorsi, quindi miope nel modo di interpretare il mondo».
Così crescono adulti mutilati di una risorsa innata: quella originalità e creatività che caratterizza naturalmente la mente umana, a favore di schemi rigidi e precostituiti. Uno studio diretto dalla Facoltà di Ingegneria e Ambiente Costruito, Universiti Kebangsaan Malaysia (UKM), ha dimostrato come nei neolaureati manchi la capacità di problem solving o leadership, a causa di un approccio ancora troppo accademico che si fonda su una mera memorizzazione di concetti. Attraverso esami orali o in modo scritto con risposte aperte, gli studenti riescono a fare collegamenti più ampi e con maggiore libertà di ragionamento. In questo modo, le domande che non prevedono una risposta specifica, permettono di testare la capacità creativa degli studenti, potendo distinguere quelli che potenzialmente hanno la capacità di sviluppare pensiero laterale.
Eppure, sperimentare i propri limiti, in una società che ci vuole perfetti e bene allineati a modelli precisi, è necessario per vivere in modo autentico la propria vita, senza restare ingabbiati in esempi imposti dai più.
«Le sfide nel mondo del lavoro, dei nuovi problemi sociali, ambientali ed economici, richiedono immaginazione e nuove idee – prosegue la Caldironi, autrice del libro “Potenziale psicosomatico” – ritrovare il fanciullino che è in noi, oggi più che mai, è l’unico modo per ridare linfa a quella creatività e a quell’estro che ci aiutano a sfidare i presupposti tradizionali, trovando idee alternative».
Chi sviluppa il pensiero laterale, concetto teorizzato dallo psicologo Edward De Bono in The Use of Lateral Thinking del 1967, riesce ad accedere a un universo di opportunità dove gli altri non riescono a entrare, perché disabituati a farlo. Come fare per risvegliare tale capacità?
«Quando le tracce neurali non vengono usate, il cervello destina quelle risorse a fare altro, privilegiando i distretti che si sono dimostrati più utili – afferma la dottoressa Silvia Caldironi – quindi, per riattivare il pensiero laterale non dobbiamo fare niente di che, se non rispolverare capacità che sono già innate, ma che al momento sono atrofizzate. Chiediti come potresti usare un determinato oggetto in modo diverso rispetto a come sei abituato a fare. Prendi un barattolo della marmellata e sfruttalo come porta candela, un sasso come fermacarte o un vecchio CD come addobbo natalizio. Ricomincia a sperimentare. Se hai la fortuna di avere dei bambini vicini, prendi spunto dal loro modo di relazionarsi con gli oggetti. Inizialmente sarà naturale sentirsi a disagio, tanto da voler tornare nella propria zona di comfort. Ma è ciò che deve succedere quando cominci ad attivare nuove piste neurali che ancora non ci sono, o a percorrere strade lasciate in disuso. E’ esattamente ciò che accade quando inizi a suonare uno strumento. E se hai queste sensazioni vuol dire che stai cominciando ad affrontare le situazioni creando nuovi percorsi di pensiero. Pensare come i bambini può esserci d’aiuto per diventare più ‘grandi’, riportando alla luce quel ‘Fanciullino’ che la società ci ha fatto dimenticare
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