La società di geriatria italiana ha dichiarato come si è anziani non prima dei 75 anni, anche
perché negli ultimi anni sono notevolmente aumentate le aspettative di vita. Negli anni
Novanta, ad esempio, la vita media era di 63 anni, mentre ora è di 82 (ed è scesa di un
anno causa Covid) anche se di questi gli ultimi venti anni di vita molti sono probabilmente
caratterizzati da limitazioni funzionali. Sempre i dati ISTAT mostrano come nel 2045 gli over
65 saranno più di 20 milioni, pari a oltre il 30% della popolazione, mentre gli under 25
meno di 14 milioni.
Ad oggi, per ogni 100 ragazzi sotto i 15 anni ci sono 168 uomini e donne oltre i 65 anni
e in Italia il 7% della popolazione ha oltre 80 anni. Tante sono le difficoltà che l’anziano,
con l’avvicinarsi della vecchiaia, vive dal punto di vista economico, previdenziale e sociale,
ma tanti anche gli strumenti a disposizione della persona anziana con patologie legate al
decadimento fisico e mentale 2 .
“Tra questi vi sono i braccialetti salvavita Seremy, che rappresentano il modo più semplice e
valido per chiedere aiuto solo in caso di bisogno e mantenere una vita il più possibile
autonoma, senza stress sui familiari che grazie ad un semplice braccialetto possono
monitorare costantemente le condizioni dell’anziano comodamente a distanza e in qualsiasi
momento della giornata” spiega Lara Demetri, Responsabile Commerciale di Seremy.
Prendersi cura dell’anziano che invecchia: l’importanza della rete sociale
Il sistema sanitario italiano (ma non solo) è ancora molto focalizzato sull’ospedalizzazione,
mentre con il passare degli anni appare sempre più chiaro quanto sia importante prendersi
cura dell’anziano con un’assistenza continuativa in cui un ruolo fondamentale è svolto anche
da medici di famiglia, parenti stretti, ma anche dalle nuove tecnologie. I numeri sulla
popolazione che invecchia sono in continua crescita, ma molti anziani hanno ancora voglia
di socialità, di stare tra le mura domestiche, di rimanere a contatto con la propria cerchia
sociale.
In molti casi la vecchiaia è più sociale che fisica e i geriatri consigliano, se non vi sono
problemi economici o di salute particolari, di portare l’anziano ad avere relazioni sociali per
evitare decadimento fisico e mentale con conseguente peggioramento della qualità della
vita. Oltre alle difficoltà pratiche, il maggior pericolo per l’anziano viene dalla negazione
degli stimoli e del coinvolgimento sociale, una situazione di cui soffre il 30% della
popolazione anziana e che porta ad amplificare il dolore psicofisico 3 . “Una buona rete di
relazioni sociali aiuta anche a contrastare i limiti della vita quotidiana, come fare la spesa e
altre commissioni” prosegue Lara Demetri.
Per questo, quando si parla di difficoltà legate all’invecchiamento, la solitudine gioca un
ruolo da protagonista ed è spesso percepita dall’anziano come più grave e invalidante della
malattia reale stessa.
La riduzione dell’autonomia e il ruolo dell’anziano
Se durante l’invecchiamento la persona deve dipendere dall’aiuto e dall’assistenza altrui,
rimane il diritto dell’anziano ad essere informato su cure e trattamenti ai sensi dell’Art.4 della
Carta Europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure ed
assistenza a lungo termine.
La riduzione di autonomia è una condizione particolarmente grave per le 600mila persone
anziane che vivono da sole e hanno gravi difficoltà nella cura della persona. Si tratta di un
43,2% della popolazione che dichiara di fronteggiare tali difficoltà con l’ausilio di
specifici apparecchi 4 , compresi i braccialetti salvavita Seremy, o rivolgendosi ad altre
persone a loro vicine. Nel complesso, i dati mostrano come il 58,1% degli anziani in Italia
abbia la necessità di supporto e prevalgono gli uomini rispetto alle donne. Nel
dettaglio poi l’aiuto viene fornito dalla famiglia o dai servizi di assistenza domiciliare.