Amiamoci tutti, oggi è la giornata internazionale contro l’omofobia: “Ci sono 486 specie animali che contemplano l’omosessualità. Non è una devianza, ma fa parte della natura. La differenza è ricchezza” parola di Arcivescovo
Cos’è la diversità? E perché dovrebbero essere diversi un uomo che ama un altro uomo o una donna che esprime i suoi sentimenti a una del suo stesso sesso? L’amore è amore e non ha canoni restrittivi. Quelli li hanno dati le convenzioni e le convinzioni. Poi ci si mette di mezzo la paura di ciò che non si conosce, di ciò che non è considerato normale.
Il nostro Paese è al 32mo posto nella classifica arcobaleno e gli episodi di intolleranza sono sempre più in aumento, con oltre 50 vittime il giorno. Sta a noi cambiare rotta, e comprendere che “siamo tutti diversi, ma siamo anche tutti uguali”, proprio come afferma da anni Monsignor Benvenuto Castellani, arcivescovo cattolico, autore della frase che titola quest’articolo, che ha aperto nel 2014 le chiese lucchesi alla comunità Lgbt: “Gay. Ecco, lo confesso: quando utilizzo questa parola sembra che ci sia già un giudizio intrinseco. A usarla ho difficoltà. È quindi necessario un trapasso culturale, perché la differenza è ricchezza”.
Dello stesso parere Desmond Tutu, arcivescovo anglicano e attivista sudafricano famoso in tutto il mondo per la sua lotta all’apartheid: “L’omofobia è una forma di apartheid. Com’è possibile lottare contro il razzismo e non contro l’omofobia?”. In sintesi, per Tutu non c’è differenza, entrambe costituiscono una manifestazione di odio e avversione, una basata sulla sessualità, l’altra sull’appartenenza etnica.
Il 17 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, per sensibilizzare l’attenzione di politici, opinion leader, movimenti sociali, pubblico e media sulle violenze e le discriminazioni subite dagli appartenenti alla comunità Lgbt di tutto il mondo.
E già questo dovrebbe far pensare: ogni giorno si festeggia qualcosa per salvaguardarne i diritti: non sarebbe meglio farlo e basta, senza tanti proclami?
La prima giornata contro l’omofobia è datata 17 maggio 2004, a 14 anni dalla decisione, era il 1990, di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.
L’Unione Europea nel 2007 ha varato la Risoluzione del Parlamento europeo sull’omofobia in Europa che, all’articolo 8, ribadisce espressamente l’invito “a tutti gli Stati membri a proporre leggi che superino le discriminazioni subite da coppie dello stesso sesso e chiede alla Commissione di presentare proposte per garantire che il principio del riconoscimento reciproco sia applicato anche in questo settore al fine di garantire la libertà di circolazione per tutte le persone nell’Unione europea senza discriminazioni“.
Nonostante i progressi in termini di unioni civili e una legge che ha da poco compiuto due anni, L’Italia risulta essere 32ma in classifica. Insomma, il Paese dei santi, poeti e navigatori è decisamente in ritardo rispetto agli altri Paesi europei nell’attuazione di politiche di uguaglianza che proteggano le persone Lgbt.
Ci sono ancora molte aree di intervento prive di normative: dal diritto di famiglia e delle persone, che passa anche per il pieno riconoscimento dell’omogenitorialità, al contrasto alle discriminazioni, ai crimini e ai discorsi d’odio, fino al diritto all’autodeterminazione, al riconoscimento e all’integrità fisica e alla salute delle persone trans e intersex.
Normative che forse potrebbero provare ad arginare il fenomeno in aumento dei casi di omofobia evidenziati dai dati del numero verde contro l’omo-transfobia Gay Help Line, che nell’ultimo anno è stato contattato da 20mila persone. A farne le spese, spesso e volentieri, sono i minori: “Il dato che emerge maggiormente nell’ultimo anno, è il crescente livello di omofobia con un incremento del 2 per cento (ora al 72%) e un aumento del 4 per cento (ora al 17%) dei ricatti a scapito delle persone lesbiche e gay non dichiarate – dice Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center e responsabile del numero verde Gay Help Line – la comunicazione tramite social, rende sempre più facilmente rintracciabile l’orientamento sessuale degli utenti, ma ciò espone le persone Lgbt più facilmente alle violenze e ai ricatti di singoli o gruppi. Un altro dato rilevante è l’età sempre più giovane degli aggressori e ricattatori che in diversi casi sono anche minori. Restano costanti – continua Marrazzo – i casi di genitori che non accettano l’omosessualità dei figli e che come rilevato, anche in passato, nel 30 per cento dei casi arrivano a segregarli in casa e a sottoporli a violenze, per almeno 400 casi l’anno“.
E se un genitore segrega e fa del male a suo figlio, chi è il diverso?