In Italia, i servizi per le persone con demenza sono carenti e distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale, anche la disponibilità di équipe e professionisti dedicati è ridotta rispetto alle necessità; in generale, si rileva un maggiore sviluppo nelle realtà del Nord Italia rispetto a quelle del centro e Sud Italia e isole (ISS, 2023).
Secondo i dati ufficiali, le persone con malattia di Alzheimer e altri tipi di demenza o compromissione cognitiva lieve, sono almeno 2 milioni (Ministero della Salute, 2022), ma i dati reali sono probabilmente più elevati (OCSE, 2023). La ridotta disponibilità di centri specializzati fa sì che non tutte le persone affette dalla malattia riescano ad ottenere una diagnosi tempestiva, amplificando le difficoltà dei familiari, sia in questa fase che in quelle successive.
È quindi importante fare il possibile perché tutti possano ricevere l’aiuto necessario.
A Milano si sta sviluppando il progetto “Teseo. Fragilità e demenze in una comunità che cura” – con il sostegno di Fondazione Cariplo e sviluppato da Fondazione Don Gnocchi – che è capofila – con Airalzh Onlus, Associazione per la Ricerca Sociale, Caritas Ambrosiana e Sociosfera Onlus. Il progetto si propone come un modello sostenibile e replicabile a livello nazionale, soprattutto nell’ambito del Terzo Settore.
Teseo non intende necessariamente offrire nuovi servizi – nella città di Milano sono già efficaci e ben articolati – quanto rendere più fluida ed accessibile la collaborazione fra quelli esistenti e le famiglie di anziani che hanno bisogno di supporto. Attualmente, infatti, le famiglie sono costrette ad una faticosa ricerca di informazioni che si protrae lungo l’intero percorso della malattia. Devono affidarsi al passaparola di comunità o alle informazioni reperibili su internet, che non sempre sono di adeguata qualità, e non solo, anche i medici di famiglia e gli altri specialisti possono avere difficoltà a conoscere tutti i servizi disponibili nei diversi territori.
In sintesi, per ovviare questa situazione, Teseo ha reso possibile lo sviluppo di una Centrale Operativa di nuova generazione – informatizzata e attiva anche nell’ambito della telemedicina – mettendo a disposizione case-manager qualificati, ovvero dei veri e propri accompagnatori esperti a supporto delle famiglie. La Centrale Operativa e i case-manager saranno a disposizione di persone e famiglie, delle organizzazioni di volontariato del territorio e dei professionisti degli enti pubblici e privati del territorio, per rendere più efficaci e coordinati gli interventi comuni.
Un valido supporto viene dato dai volontari che operano nelle comunità; ad esempio quelli dei Centri di ascolto di Caritas Ambrosiana, che in questa fase si sta ritenendo opportuno formare affinché sappiano ascoltare in modo appropriato, cogliendo i primi segni della malattia e facilitando così l’accesso alle risorse del progetto.
“Il compito di Caritas è quello di aumentare la sensibilità e l’attenzione della comunità verso le difficoltà che anziani e famiglie vivono durante il declino cognitivo nelle diverse forme di demenza – dichiara Matteo Zappa di Caritas Ambrosiana che continua – Ai volontari dei Centri di ascolto non viene chiesto di diventare esperti della demenza o di assumersi responsabilità eccessive. Si chiede loro soltanto di arricchire la propria azione con alcune informazioni aggiuntive, utili a far nascere la domanda giusta nel momento giusto”.
“Le informazioni necessarie sono condivise con una breve formazione di base attraverso cui vengono descritti i 10 campanelli di allarme del declino cognitivo – spiega Stefano Bosi, coordinatore dell’Area anziani di Caritas – Grazie alla formazione il volontario viene posto in grado di condividere le proprie impressioni con la famiglia, proponendo una valutazione più approfondita. Inoltre – continua Bosi – farà questo in tranquillità perché è consapevole che può contare sul collegamento diretto con la Centrale Operativa, che prenderà in carico la persona”.
Un esempio, fra i molti possibili, di come il sostegno e l’assistenza della comunità può cambiare la vita del malato e della sua famiglia. “Ho avuto casi di Alzheimer in famiglia, ho sempre temuto che potesse accadere anche a me” chi parla è A., 78 anni di origini piacentine, ma da più di 50 anni vive a Milano. È sposata e ha una figlia, motivo di orgoglio e di supporto.
“Mamma da circa due anni convive con una diagnosi che conosce molto bene“– racconta la figlia B. – “mia nonna infatti, ne ha sofferto e la mamma, con fatica, l’ha accompagnata ad affrontare il lento e doloroso percorso della malattia. Adesso sta affrontando l’Alzheimer sulla sua pelle e io sono la caregiver”.
La signora A., infatti è stata collocata all’interno di un percorso di riabilitazione attivo presso l’Istituto Don Gnocchi a seguito di una segnalazione fatta dalla centrale operativa di Teseo. Alla fine del percorso di riabilitazione cognitiva, alla signora A. è stato proposto, coinvolgendo anche la famiglia, di attivare il servizio di RSA APERTA.
“La signora A. da subito, è stata molto collaborativa e aperta al dialogo. Ha parlato delle sue origini, della sua famiglia, della bottega familiare che gestiva, di quanto le piace andare al mare e passeggiare mano nella mano con il marito” racconta il dott. Emanuele Tomasini, psicologo alla Fondazione Don Gnocchi e coordinatore dei case-manager del progetto Teseo – “durante gli incontri di stimolazione cognitiva richiede spesso rassicurazione rispetto alle sue capacità, pur riconoscendo che la sua memoria episodica recente inizia a fare la “birichina”, come dice lei. Condividiamo anche le sue preoccupazioni legate alle fatiche cognitive di cui è piuttosto consapevole. A volte le mancano le parole, le mani sudano, i piedi si agitano, ma insieme, tra un esercizio ed un altro, tra un racconto ed un altro ancora, proviamo a trovare un senso a ciò che prova e che pensa, alle perdite a cui sa di dover andare incontro. Insieme, ogni volta, proviamo a trovare un nuovo equilibrio. E così con tutti i professionisti dell’équipe”.
“Mia mamma e mio papà fanno ancora progetti di vita – continua la figlia B. – io faccio in modo di organizzare i week end nella loro amata casa al mare, e loro ci vanno in autonomia. Senza il supporto dato da questi professionisti non sarei stata in grado di gestire questa situazione. E mi sento di dirlo a chiunque in questo momento si trova a seguire un parente malato di Alzheimer: non pensate di potercela fare da soli, questi professionisti non solo seguono il paziente con demenza, ma supportano noi, la famiglia. Non è quantificabile il beneficio che si ha; non solo, dal punto di visita della malattia – mia mamma da due anni a questa parte è stazionaria, non è peggiorata, come per esempio accadde a mia nonna – non c’è assolutamente paragone tra le due situazioni. Quella di mia nonna era frustrante e dolorosa, con mia mamma il dolore c’è perché alcuni aspetti le sfuggono, ma persiste un attaccamento alla vita positivo che è contagioso. “
“Questa testimonianza è la conferma di come stia cambiando la cultura dell’assistenza al malato di Alzheimer – dichiara il Dott. Fabrizio Giunco geriatra, direttore del Dipartimento Cronicità della Fondazione Don Gnocchi e responsabile del progetto – favorendo anche la rimozione dall’immaginario collettivo dello stigma riferito alla malattia. E’ uno degli obiettivi del Progetto e a Milano stiamo procedendo con risultati incoraggianti; il meccanismo della centrale operativa non è banale, anzi è complesso, ma le soddisfazioni sono molte”.
Lo stigma associato alla demenza è da sempre responsabile – e anche conseguenza – di pregiudizi e paure da parte di chi riceve queste diagnosi, siano essi pazienti o famigliari; sentimenti comuni che spesso si traducono in vere e proprie barriere di accesso alle varie informazioni, sia di natura diagnostica piuttosto che assistenziale.
La Storia di A. testimonia come per i malati di Alzheimer molto può cambiare se si è supportati da una rete come Teseo. Infatti, la signora e la sua famiglia sono stati inseriti in un percorso di ascolto e riabilitazione, che sta rendendo possibile vivere una vita dignitosa e soddisfacente senza cadere nel vortice dell’ansia e della paura per la malattia.
Aggiunge il dott. Giunco: “Non si tratta solo di offrire servizi ma, soprattutto, di garantire alle persone ciò di cui hanno più bisogno: ascolto, attenzione, dialogo, indicazioni giuste nel momento giusto. Non ultimo, prefigurare con loro il futuro, così da prepararsi per tempo alle fasi più difficili della malattia”.
Il progetto TESEO, accanto all’attività pratica, integra anche azioni di sensibilizzazione e diffusione di buone informazioni nella comunità, in applicazione delle raccomandazioni dell’OMS sulla realizzazione di comunità amichevoli per la vecchiaia e per la demenza (OMS, 2021).
L’obiettivo è dunque quello di superare inutili paure e operare insieme per il bene comune: persone e famiglie che vivono malattie croniche non possono essere lasciate sole, devono avvertire l’attenzione di tutti, dai vicini di casa agli operatori dei servizi più qualificati.