«Si può senz’altro confermare che la violenza domestica non ha ceti o livelli di istruzione preferenziali, bensì è trasversale, ossia riguarda ogni genere di ambito sociale ed economico. Secondo i dati Istat 2019, per il reato di “stalking” gli stranieri denunciati sono 2.409, per la violenza sessuale sono 2.079; gli italiani denunciati sono invece 12.951 per gli atti persecutori, mentre per le violenze sessuali si parla di 2.903 persone». Lo ha dichiarato l’avvocato Elisabetta Aldrovandi, Presidente Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime. Passando alle vittime, la Presidente Aldrovandi prosegue: «Le straniere dai 14 anni in su che hanno denunciato atti persecutori nel 2019 sono 1.587, quelle che hanno denunciato violenza sessuale sono 1.124, mentre le italiane che hanno denunciato “stalking” sono 14.224 e le italiane che hanno denunciato stupri 3.206. Come si può notare, i reati a sfondo sessuale denunciati sono in misura percentualmente e sensibilmente superiore nell’ambito delle comunità straniere rispetto a quelle italiane».
Per quel che riguarda le chiamate al numero nazionale antiviolenza 1522 promosso dal Ministero delle Pari Opportunità, nel 2020 si parla di 13.038 telefonate da parte di donne italiane e di 2.090 straniere. «In questo caso particolare potrebbe incidere anche l’aspetto culturale, che in certe situazioni priva la donna della consapevolezza di essere vittima di abusi domestici e prevaricazioni», commenta ancora Aldrovandi, che sottolinea: «Più che di etnia si dovrebbe parlare di cultura. Le radici dei nostri comportamenti, infatti, sono in relazione con la tradizione culturale di appartenenza, con la struttura sociale, con il sesso della persona e con il suo processo di socializzazione, come la famiglia, la scuola, i mezzi di comunicazione. È ovvio che laddove vi siano contesti sociali in cui la donna non viene considerata in modo paritario rispetto all’uomo, ma come una sorta di oggetto da possedere invece che una persona da amare, condotte violente e prevaricatrici trovano terreno fertile.
D’altronde, non è neppure semplice riconoscersi vittima di violenza, poiché la violenza subita presuppone il percepirsi come persona avente diritti e dignità. Le donne che hanno subito violenza, invece, provano vergogna, si considerano inadeguate e incapaci di reagire. La violenza è, infatti, un attacco all’integrità fisica e psichica della donna che produce pesanti effetti e conseguenze e rappresenta un grave fattore di rischio per la salute mentale».
Oltre 6.600 reati vengono commessi e denunciati ogni giorno in Italia, circa 277 ogni ora (ultimi dati Ministero Interno) in base alle segnalazioni delle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Polizia Penitenziaria, DIA, Polizia Municipale, Polizia Provinciale, Guardia Costiera). «Alimentano il numero oscuro i fenomeni di microcriminalità, anch’essi diffusi sul territorio, ma che spesso sfuggono al controllo delle autorità e la cui comunicazione da parte delle vittime a volte non avviene», precisa l’avvocato.
Elisabetta Aldrovandi è Presidente dell’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime nonché Garante Regionale della Lombardia per la tutela delle vittime di reato: «L’Osservatorio Nazionale Sostegno vittime è un laboratorio legislativo formato da decine di vittime di reati e professionisti che operano per portare avanti proposte di legge a tutela delle vittime. In particolare, la nostra associazione partecipa in audizione in Commissione Giustizia alla Camera e al Senato sulle proposte in cui le vittime sono coinvolte, come quella sulla riforma della legittima, del rito abbreviato e del codice rosso. Una delle battaglie più importanti che stiamo portando avanti con l’Osservatorio riguarda il divieto di accesso al rito abbreviato e ai conseguenti automatici sconti di pena per reati come violenza sessuale od omicidio stradale aggravato, ossia per tutti quei reati puniti con una pena massima uguale o superiore a dodici anni. Il Garante Regionale per la tutela della vittime di reato – conclude Aldrovandi – ha invece la precipua funzione di collante tra i cittadini e le istituzioni, attraverso un’attività di contatto diretto con gli utenti, di formazione per gli addetti ai lavori e di informazione a livello generale sulle normative in vigore che si occupano di vittime di reati».