Spiazzante, coraggioso e molto duro. E ancora una volta da record. Checco Zalone batte tutti. E stavolta perfino se stesso. Sembrava impossibile eguagliare il record di “Quo vado” e invece lui hafatto pure di meglio. Ma da sottolineare c’è ben altro. Ecco perché il suo è un film da vedere
Checco Zalone (vero nome Luca Medici) durante il photocall di “Tolo Tolo” a Roma.
Spiazzante, coraggioso e molto duro. E ancora una volta da record. Checco Zalone batte tutti. E stavolta perfino se stesso. Sembrava impossibile eguagliare il record di “Quo vado” che nel primo giorno di programmazione nelle sale aveva incassato 7,3 milioni di euro. E invece il suo “Tolo Tolo” ha fatto anche di meglio: soltanto il 1 gennaio ha incassato 8,7 milioni con oltre 1.175.000 presenze, diventando il film con il maggior incasso di sempre nella storia del cinema italiano nelle prime 24 ore di programmazione.
La rappresentazione perfetta di molti italiani orgogliosi evasori fiscali e velocisti di scorciatoie
Numeri stellari che già lasciano presagire altri record (da battere c’è l’incasso globale del suo “Quo vado”, 60 milioni di euro) per un successo annunciato ma per niente scontato. Non c’è niente di più difficile che replicare se stessi e battere i propri traguardi. Zalone con “Tolo Tolo” sembra quasi non averci voluto pensare per essere più libero di puntare il suo sguardo, solo fintamente ingenuo ma in realtà instancabile scardinatore di pregiudizi, su quanto di più scomodo ci sia oggi in Italia: il razzismo italico applicato alla spinosa questione dei migranti. Un soggetto partorito insieme con Paolo Virzì e poi sviluppato mettendo a segno pure la sua prima regia che, al di là di tutto, ha il merito di far uscire Luca Medici (questo il vero nome di Checco Zalone) dalla palude del qualunquismo e della risata facile, dove era stato precipitosamente ed erroneamente collocato. In questo film si ride un po’ meno che nei precedenti, ma si sorride moltissimo, spesso amaro. Perché comunque Zalone continua a rappresentare meglio di chiunque altro la deriva nella quale molti italiani sembrano precipitati, veri e propri serial killer della legalità, orgogliosi evasori fiscali, velocisti di scorciatoie e recordman di furbizie di ogni tipo.
Il suo protagonista Checco Zalone, dopo aver fallito in patria, rincorso da creditori ed ex mogli, trova accoglienza in Africa dove lavora come cameriere, ha un amico, Oumar (Soulemayne Sylla) e una ragazza che gli piace moltissimo, Idjaba (Manda Touré). Ma una guerra lo costringe a far ritorno in Italia percorrendo la stessa tortuosa rotta dei migranti, alle prese con fatiche, schiavisti, barconi e porti chiusi. Un rovesciamento di situazione e sguardo che gioverebbe a molti di noi, per scoprirci narcisi e vacui, proprio come Checco e le spassose gag sulla crema antirughe o sullo spirito di Mussolini che si impossessa di lui (“il fascismo? Ce l’abbiamo tutti dentro, come la candida”). Non c’è dubbio che giocare a carte scoperte gli inimicherà qualcuno del suo sterminato pubblico, che potrebbe non gradire nel riconoscersi tanto superficiale e ottuso. Ma non si può non tifare per lui e per questo film, di sicuro più dirompente ed efficace di tanti discorsi politici.
Altro che razzista come era stato accusato di essere in quella pretestuosa polemica, paradisma del cortocircuito della ragione in cui spesso anche i media purtroppo precipitano.