Perché questo romanzo?
Siamo tutti un po’ ascoltatori di storie. L’essere umano lo è. E quando ho scoperto le prime pagine del diario di Anja Dostoevskaja nelle prime pagine lei racconta questo episodio. Era una ragazza che frequntava la scuola di stenografia di Pietroburgio, era una ragazza molto al passo con i tempi. Pietroburgo, grande protagonista del libro è una sorta di New York dei Balcani non ha passato ma è tutto presente e futuro e quindi si studia stenografia. A lei viene proposto questo posto di lavoro e si trova a casa di questo gigante della letteratura che suo padre amava molto e lo racconta. E’ una storia fantastica al di là del nome di Dostoevskij perché è la storia di una fascinazione che poi sarà reciproca e qui dentro c’è dentro questa forma questa situazione c’è il nocciolo di una grande storia in formazione, che anche gli scrittori di grande levatura hanno amato raccontare, cioè il transito dell’età. E perché c’erano elementi che riguardano il mio modo di vedere il mondo, il plagio psicologico, e non mi riferisco a quello che lei subiva da lui ma mi riferisco a quella figura diabolica dell’editore, realmnete esistito, che faceva sapiente uso di questi disagi dei suoi clienti per metterli in ginocchio. Io cito Michail Glinka, un grandissimo musicista del ‘gruppo dei cinque’, subì una vessazione usuraia, ma ce n’erano anche altri. Il povero contabile (Apchensky) che invento a mia misura, e che perse la scommessa del contratto – i temi faustiani mi sono sempre piaciuti – e quindi lì’idea è raccontare la storia di uno scrittore che riceve un anticipo di 6mila rubli per affrontare non un debito di gioco come si ritiene ma un’impresa editoriale affrontata con il fratello, si trova a dire sì: metto a rischio tutti i diritti d’autore precedenti e futuri. Lo fa, lo ha fatto. Poi si ritrova alle strette: un mese per scrivere un libro. Poi siamo tutti spettatori e lettori e sappiamo che i conti alla rovescia sono sempre affascinanti.
Una bella storia da raccontare.
Una bella storia nella quale trovare dei temi. Romeo e Giulietta l’hanno raccontato in tantissimin prima di Sheaksperare, tanti novellisti italiani. Ma noi ci tramandiamo quella dell’autore inglese perché il tema vero, vincente, della giovinezza dal punto di vista morale sta solo lì. Pensi che tutti i Romeo e Giulietta precedenti erano fatti per redarguire i giovani e metterli sull’avviso: non vi comportate in contraddizione con i dettami degli adulti. Invece Sheakspeare coglie il tema della giovinezza.
Anche in Anja torna il tema della giovinezza.
Esatto, la giovane età della protagonista, lo scandalo: vedevo una trama letteraria in funzione. Come un bambino si emoziona dentro la cabina del pilota dell’aereo perché vede come funziona, così Anja sta al centro di un ordigno letterario in funzione. Mi è sembrato interessante con la mia penna entrare prioprio lì, in quell’epoca.
Il libro arriva dopo diversi anni da una piece teatrale.
All’origine è stata una commedia che ha avuto un bellissimo esito. La cui protagonista Ivana Lotito, bravissima, che oggi recita in Gomorra. Sono orgoglioso perché è bravissima e mi segue ancora nelle letture del romanzo. Già ai tempi del teatro, sentivo che la storia aveva degli spazi romanzeschi: non a caso la rappresentazione che si intitolava Anja aveva come sottotilo “Romanzo per la scena”. Spazi aggiunti dalla penna dell’autore quando non fa parlare i personaggi ma entra nella testa dei personaggi, il drammaturgo invece non può che usare le battute che i personaggi si dicono. Il romanzo è nato in due mesi, poi tre mesi per lucidarlo e fargli trovare al meglio la sua giusta prosa.
Il suo romanzo va oltre la storia d’amore tra Anja e Fedor: è l’occasione per raccontare la San Pietroburgo del 1800.
Assolutamente, San Pietroburgo aveva cento anni di vita e cento anni sono niente. La città non ha passato, non ha archeologia e il passato è talmente prossimo che lo si può definire presente. A San Pietroburgo o ci si nasceva come i figli dei primi pietroburghesi, oppure ci si arrivava. Era una città da conquistare, infatti c’era una scuola di stenografia, che di lì a poco – prima città in europa – usò la stenografia nei tribunali. Poi c’è il tema del lavoro che mi interessa molto. Anja si trova nella circostanza di cercare un lavoro e lei cerca di apprendere qualcosa che poteva essere utile. Il suo fidanzato Sergheij si stava adoperando per trovarle un lavoro in Tribunale. Le capita invece di andare a lavorare presso Fedor, con un contratto a termine. E lì poi scatta qualcosa.
In 26 giorni Dostoevskij scrive Il giocatore e Anja stenografa. Secondo lei in quel romanzo, uno dei più sofferti probabilmente ma anche uno dei più importanti, quanto c’è della ragazzina che poi diventerà sua moglie?
La mia risposta è ovviamente soggettiva, quianto io con il mio romanzo posso far desumere di Anja. Io non penso che lui abbia raccontato Anja in quella che che nel romanzo è la protagonista femminile, Polina, che aveva già in testa. Lui con Polina raccontò un tipo di donna che aveva frequentato. Con lei piuttosto Anja entra in conflitto interiore perché in lei vede piuttosto la sua compagna di classe Barbara, quella molto bella che piaceva a tutti. Però dove Anja si fa sentire è pèroprio nel controllo della materia. Perché lei trasferendo dalla stenografia al corsivo è vero che lei poteva suggerire una certa correzione, un modo un po’ diverso di impostare una frase. Perché nell’irruenza dello scrivere poteva essere consentito. E l’intelligenza dello scrittore sta non nel dire ho scritto io la cosa giusta ma farsi morbido e pensare che pure una fanciullina, ingenua ma non certo sciocca, può dare uno spunto di cui tener conto. E poi Anja quando lui si trova messo alle strette, ha finito il romanzo, e l’editore grazie a una clausola scritta in piccolo scappa, lei gli dice, banalmente: datelo alla polizia. Lui lo fa e si salva. Anja non si infiltra ancora psichicamente ma fattivamente, ha già quel tratto di donna che sente quella che sarà la famiglia come possibile azienda da curare insieme.
E poi Anja rimane per semnpre con lo scrittore…
Rimarrà con lui per 14 anni e scriverà sotto dettatura tutti gli altri romanzi di Dosto e per altri 34 anni gli sopravviverà e farà di tutto per mantenere viva la memeoria di questo grande scrittore che invece avrebbe rischiato di offuscarsi.
Di questa donna non possimao non ammirare la forza: una donna che ha sfidato una società e tutti i suoi limiti per la grande differenza d’età con lo scrittore, soprattutto.