Pubblicato il: 19/03/2020 18:52
Il Coronavirus detta nuove agende live per i cantanti e i musicisti che scelgono le dirette social e i concerti on line per mantenere vivo il contatto con i fan. Esiste però tutta un’altra musica di cui poco si parla. “E’ il grande popolo del backstage, del dietro le quinte. Professionisti, impiegati, segretarie. Ma anche attrezzisti, facchini, montatori, autotrasportatori, tecnici audio e luci, addetti al merchandising, musicisti e fonici di palco ai quali il decreto ‘Cura Italia’ non ha pensato, poiché il fondo emergenza spettacolo, cinema e audiovisivo (art.89 del decreto) è espressamente rivolto soltanto ad artisti, autori, interpreti ed esecutori, categorie cui pensano Siae e Nuovo Imaie. Idem per progettisti e ingegneri, show designer, scenografi, certificatori di palchi e attrezzature, orchestre di liscio, pianobar, dj e così via”. Lo afferma Maurizio Scandurra, giornalista e critico musicale, già in passato ufficio stampa di noti artisti italiani quali Andrea Mingardi, Ivana Spagna, Tullio De Piscopo, PFM, Matia Bazar, Dirotta Su Cuba, Valerio Liboni e Pietruccio Montalbetti (rispettivamente leader dei Nuovi Angeli e dei Dik Dik), Silvia Mezzanotte e Gerardina Trovato.
“Per far comprendere l’entità del danno che ricade a pioggia sulle teste di chi appartiene all’indotto dell’industria musicale, faccio alcune cifre. Un tour con artisti di fama che solitamente fanno un Festival di Sanremo a biennio e ospitate varie nei programmi di punta di Rai, Mediaset, La7 e Sky, può costare tra i 10 e i 30mila euro lordi, a seconda dei nomi – spiega Scandurra -Generalmente i cantanti sono accompagnati da un gruppo di turnisti (dai quattro ai sette di media) che sono retribuiti ciascuno con un compenso lordo tra i 250 e i 500 euro a sera, con al massimo un lieve ritocco in favore del capoband. Tutte figure che lavorano con contratti temporanei”.
Ma non è finita. “Tra i soggetti impiegati nella produzione di un live – continua l’esperto – ce ne sono anche altri: un tour manager che segue l’artista in ogni tappa coordinando tutto e tutti, una decina di tecnici con relative vetture, autisti e tanto di camper a fare da camerino e retropalco. Una tournée da aprile-maggio sino a settembre, per un totale di almeno 50-60 concerti, raggiunge e supera facilmente il milione di euro a stagione di incasso lordo, utile a garantire introiti e profitti ad almeno 60 persone in media, inclusi impiegati d’ufficio e agenzie di facchinaggio in loco per il carico e scarico veloce, di norma tra le 10 e le 15 persone. Un meccanismo che si ripete per più di cento artisti famosi all’anno. Si fa in fretta, quindi, a far la cifra che manca all’appello. Con risvolti importanti -rileva Scandurra – anche sul fronte sociale, oltre che economico”.
“I lavoratori della musica equivalgono agli stagionali agricoli e del turismo. Gente che in pochi mesi guadagna liquidità per fronteggiare un anno di spese – spiega Scandurra – Con incassi pro capite, nei casi migliori, che oscillano tra i 13/15 e i 25/30.000 euro lordi: l’equivalente di una partita iva forfetaria alle prese con imposte e previdenza. I musicisti arrotondano suonando nei locali d’estate e d’inverno fra un concerto e l’altro del grande nome che li ha ingaggiati, o insegnando nelle scuole di musica. Azzerando la mobilità, tali opzioni decadono”.
“La differenza è una, sostanziale. Gli artisti vivono di cachet, percentuali sul ticketing dei concerti, diritto d’autore, diritti connessi alla produzione fonografica e cinematografica, all’emissione radiofonica o televisiva delle proprie canzoni. Ma anche di royalties sulla vendita dei dischi e lo streaming, monetizzazione delle views dei propri canali video e profili social, sponsorizzazioni per beni o servizi. Al contrario dei loro staff – scandisce Scandurra – per cui tutto questo non vale”.
Né vanno dimenticate le pmi “fondamentali nella filiera della music economy – puntualizza Scandurra – fra cui gli studi di registrazione sonora, per cui stanno slittando anche di un anno le prenotazioni di cantanti, famosi e non.
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