avvocatoinprimafila il metodo apf

Coronavirus, morto a 92 anni il mito del jazz Lee Konitz 

Coronavirus, morto a 92 anni il mito del jazz Lee Konitz

Foto Fotogramma

Il coronavirus ha stroncato anche la leggenda del sassofono jazz Lee Konitz. L’artista, che aveva 92 anni, è morto ieri al Lenox Hill Hospital di New York. A dare la notizia della scomparsa alla stampa statunitense è stato il figlio, Josh Konitz, che ha attribuito il decesso al Covid-19.

Konitz era nato a Chicago il 13 ottobre del 1927 e si era avvicinato alla musica che era ancora un bambino. Aveva iniziato a suonare la fisarmonica da autodidatta per poi passare, influenzato da Benny Goodman, al clarinetto. In seguito, a 11, Konitz, volendo suonare in qualche orchestrina, capì che doveva imparare a suonare anche il sassofono tenore. Iniziò a studiare il jazz con Lennie Tristano (uno degli artefici del cool-jazz), di cui conserverà l’impronta stilistica per tutta la carriera.

Nel 1943, ormai divenuto musicista professionista, per suonare nell’orchestra di Jerry Wald, prese in mano anche il sassofono contralto. Sono datate 1947 le sue prime incisioni con l’orchestra di Claude Thornhill, che gli permette di conoscere due mostri sacri come Gil Evans e Miles Davis. Quest’ultimo lo chiamò all’interno della Tuba Band, insieme ad altri nomi destinati a diventare protagonisti della scena jazzistica mondiale come Gerry Mulligan e Max Roach. Con Davis realizzò anche il capolavoro Ezz-thetic, scritto dal giovane genio George Russell.

Nel 1952 entrò come guest soloist nell’orchestra di Stan Kenton, con la quale realizzò In lighter vein, concertino per sax e orchestra scritto e arrangiato da Bill Holman. Nel frattempo continuò a collaborare con Tristano (Intuition e Digression, del 1949, sono i primi brani totalmente improvvisati mai incisi – ovvero gli antenati del free jazz), Billy Bauer, Gerry Mulligan, Chet Baker, Sal Mosca e soprattutto il suo alter ego tenoristico Warne Marsh.

Tipico di Konitz è la costanza con cui è ritornato nel tempo ad esplorare gli stessi standard, trovando sempre qualcosa di nuovo e interessante da dire. Un bell’esempio è il disco Motion, realizzato nel 1960 in trio con il batterista Elvin Jones. Ha subito spesso il fascino del duetto, a partire da The Lee Konitz duets, con Jones, Eddie Gomez, Jim Hall, Karl Berger, Dick Katz, Joe Henderson, Richie Kamuca, Marshall Brown e Ray Nance. Dagli anni ’60 in avanti Lee scelse la carriera di solista free-lance, suonando spesso con sconosciute ritmiche locali – a volte di qualità discutibile, e a volte incontrando grandissimi musicisti come Bill Evans, Charles Mingus, Martial Solal, Bob Brookmeyer, Paul Motian, Paul Bley, Albert Mangelsdorff, Lars Gullin, Henri Texier, Charlie Haden, Phil Woods, Art Pepper, Ornette Coleman, Red Rodney, Brad Mehldau, Dave Holland, Kenny Wheeler, Bill Frisell, Michel Petrucciani ed altri.

In Italia ha suonato con Renato Sellani, Stefano Battaglia, Franco Cerri, Enrico Rava, Glauco Venier, Enrico Pieranunzi, Barbara Casini, Franco D’Andrea, Giorgio Azzolini. Ha suonato diverse volte ad Umbria Jazz e, nel 2003, ha partecipato alla sedicesima edizione del Barga Jazz Festival, quell’anno dedicata alle sue musiche.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Exit mobile version