Pubblicato il: 12/05/2020 17:54
“Qui ci vuole un’operazione di ‘helicopter money’, di soldi a fondo perduto lanciati a pioggia sull’imprese, o gran parte del settore musicale morirà“. A lanciare l’allarme, in un’intervista all’Adnkronos, è Claudio Ferrante, fondatore e presidente di Artist First, società di produzione e distribuzione discografica fisica e digitale fondata nel 2009 ed ora attiva anche nel management, nel merchandising e nel digital marketing.
“Il settore musicale storicamente non ha avuto proprio nessuna attenzione da parte dello Stato, se non la defiscalizzazione dei videoclip. Questo settore è ormai chiaro che rimarrà completamente fermo fino a dicembre. A questo punto – dice Ferrante – l’unica cosa da fare e prendere dei soldi, almeno 300 milioni, forse dalla Siae e dal Fus, e dividerli tra le aziende in base al fatturato dell’anno precedente, con un meccanismo premiante per le imprese piccole e medie. Quelle che difficilmente avrebbero accesso ai finanziamenti bancari”.
Ferrante lamenta la scarsa attenzione del governo soprattutto sul fronte dei fonografici, dei produttori discografici indipendenti e dell’indotto collegato alla musica anche live: “Ma il settore delle agenzie live, con l’istituzione del voucher che permette il mancato rimborso dei biglietti per i concerti che non si terranno quest’anno, ha già vinto la sua partita“, sottolinea Ferrante. “I fonografici non hanno avuto niente. Qui ci vorrebbe di vuole l’helicopter money. Sennò per la maggioranza sarà la fine”. Ferrante pensa anche gli ‘operai’ della musica. “Chi è alla fame è tutto l’indotto, che sta subendo il peggiore dei mali. Migliaia di persone tra tecnici audio, luci, elettricisti, facchini, agenzie di security. Per loro, per gli operai della musica, non c’è niente. E questo non può essere”.
Come Artist First, Ferrante dà lavoro “ad una cinquantina di persone tra dipendenti e collaboratori e, per ora, abbiamo cercato di mettere in cassa integrazione solo quelli che lavorano al supporto ‘fisico’, tutti gli altri stanno lavorando in smart working. Ma anche questo non può diventare la norma perché il nostro settore vive di incontri, di ascolti collettivi”.
“Siamo fermi sia dal lato dei progetti discografici, sia con il merchandising, sia per la parte concerti che avevamo cominciato a curare per esempio per Le Vibrazioni. Come management anche si muove davvero poco, mentre la parte digital sta continuando ad andare”, aggiunge Ferrante. Ma il bilancio è tragico: “Nel 2019 abbiamo avuto circa 10 milioni di fatturato con +6% su 2018, quello che prevediamo per il 2020 rispetto all’anno scorso è un -40%“.
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