Capita spesso che la vita di personaggi famosi abbia aspetti poco conosciuti e sorprendenti. È il caso di Marcel Marceau, attore e soprattutto, in quanto mimo, ambasciatore culturale dell’arte del silenzio, un uomo che a un certo punto della sua vita sfidò il nazismo aiutando più̀ di cento orfani a fuggire dalla Francia in Svizzera. Questo il racconto di ‘Resistance – La voce del silenzio’ di Jonathan Jakubowicz, film con Jesse Eisenberg, Cléménce Poesy e Édgar Ramírez, che dal 23 giugno è in esclusiva in VOD sulle principali piattaforme (Sky Primafila – Apple Tv – Chili – Google Play – Infinity – TimVision – Rakuten TV – Cg Entertainment – The FIlm Club).
Storia di un mimo che usò la sua arte per salvare i bambini
Il mimo (Eisenberg) infatti, reclutato dal cugino Georges Loinger, comandante dell’unità Oeuvre de Secours aux Enfants, insieme alla politicamente impegnata Emma (Poésy), portò dalla Francia alla neutrale Svizzera un nutrito gruppo di bambini. E questo grazie anche all’incanto della sua arte. “Marceau manteneva i bambini tranquilli mentre fuggivano – ha detto Philippe Mora, figlio di uno dei compagni di resistenza di Marceau -. Non si serviva delle sue abilità recitative solo per mettere a proprio agio i bambini, le usava per salvare le loro vite. Se fossero stati scoperti dai tedeschi, nessuno di loro avrebbe avuto scampo. Stava mimando per la sua e la loro vita”. Fino ad allora il giovane Marcel era stato soltanto uno dei tanti aspiranti attori di origini ebraiche che cresce in un’Europa occupata dai tedeschi del Terzo Reich e non ha alcuna intenzione di farsi coinvolgere dal conflitto e finire al fronte. Preferisce esibirsi nei locali di burlesque, seppur contrastato dal padre che lo vorrebbe macellaio come lui.
Il regista: “Questo film mi ha avvicinato alla memoria dei mie nonni”
“È di gran lunga il progetto al quale sono più legato – dice il regista -. Scrivere la sceneggiatura e realizzare questo film mi ha avvicinato alla memoria dei miei nonni e mi ha aiutato ad avvicinarmi alla Germania, un paese che fin da bambino, mi hanno insegnato a temere. Ogni giorno sul set si presentavano problematiche che si riallacciavano ad esperienze personali. Ho visto i bambini recitare sul set e non ho potuto fare a meno di pensare ai milioni dei piccoli ebrei assassinati in quel paese. Non è passato un giorno in cui non abbia pianto – continua Jonathan Jakubowicz – sia con dolore che con gioia. E non è successo soltanto a me: tutti gli attori hanno avvertito un legame personale con questa storia molto speciale”.
Uccisi perché ebrei? Non lo capirò mai
E ancora il regista: “Com’è possibile che i miei familiari siano stati uccisi solo perché erano ebrei? Non lo capirò mai e poi mai! Ad essere del tutto onesto, non avrei mai pensato di poter fare un film sulla Seconda Guerra Mondiale e l’unico motivo per cui alla fine ho deciso di realizzare ‘Resistance’ è che, nonostante il suo contesto tragico, è ancora un film che inneggia alla vita”. Infine un’illuminante frase di Marceau che nel 1944 vide il padre, Charles Mangel, assassinato ad Auschwitz: “Le persone che sono tornate dai campi di concentramento non sono mai state in grado di parlarne… Mi chiamo Mangel. Sono ebreo. Forse questo, inconsciamente, ha contribuito alla mia scelta del silenzio”.