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“L’arte della fuga”, la difficoltà di doppiare la boa dei quarant’anni

Primo fine settimana di programmazione per il film francese diretto da Brice Cauvin sulla fragilità dei quarantenni che fanno fatica ad assumersi le responsabilità e accettare i cambiamenti

Bruce Cauvin nel suo nuovo film “L’arte della fuga” svela le incertezze sentimentali profonde di tre fratelli a cui la vita non ha messo di fronte altre più gravi preoccupazioni. Per questo Antoine, a cui dà volto e anima Laurent Lafitte, si sente “pressato” nel dover scegliere una casa di proprietà da condividere con il suo attuale compagno Adar.

Gerard, interpretato da Benjamin Biolay, dopo anni di matrimonio e un figlio, è stato lasciato dalla moglie Helen. Louis invece, l’attore Nicolas Bedos, si deve sposare con una dolce e splendida ragazza, Julie, ma a Bruxelles, dove lavora, si è infatuato di Mathilda, grintosa e passionale.

Nessuno di loro tre ha il coraggio di fare una scelta, convinti che questo vorrebbe dire precludersi tutte le altre. Antoine non riesce a dire a Adar di non essere convinto di questo grande passo, condividere una casa, e di avere bisogno di capire meglio i suoi sentimenti.

Gerard non riesce ad andare avanti con la propria vita: nonostante sia chiaro che la sua ex moglie abbia ormai un’altra storia importante, è tornato dai suoi e ha “sospeso” la sua esistenza in attesa che le cose tornino come prima. 

Louis ha un matrimonio che lo attende, ma non ci pensa minimamente. Per lui conta solo Mathilda, per cui ha una di quelle infatuazioni tanto potenti quanto transitorie. Per il momento non esiste niente altro, il mondo che lo circonda non lo sfiora. 

L’eterna indecisione di questi tre ragazzi che, a dispetto dell’età e delle sembianze, faticano a diventare uomini, li rende anacronistici, slegati da quella che è la vita reale. Dove tutto invece accade quando deve accadere, indipendentemente dal fatto che le persone siano pronte o meno a subirne le conseguenze. 

 

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