“Il musicista che swingava con più dolcezza, una stella splendente in un’età buia” canta con quella sua voce inarrivabile, un vero e proprio strumento dalle tante corde con il quale Amalia Gré riprende a sedurre il suo pubblico dopo 12 anni di assenza. “L’amore non è mai facile, è solo un’illusione di felicità dolce e luminosa” continua sulle note di “Goodbye Pork Pie Hat”, brano di rara bellezza con il quale Charles Mingus dava l’addio al sassofonista e amico Lester Young grazie alle parole composte da Joni Mitchell. Insomma, un blues dell’anima che mette insieme alcuni giganti del jazz e che non a caso è stato scelto da Amalia Gré come primo singolo del suo nuovo album, “Beige”.
Un brano spartiacque nell’esistenza di questa raffinata artista che all’amore per la musica unisce anche quello per la pittura e il design e che il grande pubblico italiano ha conosciuto 13 anni fa grazie a Sanremo con “quel piccolo gioiello che è “Amami per sempre”. Un brano che ne ha determinato le scelte esistenziali perché “quando l’ho sentito per la prima volta suonato dall’orchestra di Gil Evans in una splendida sera d’estate a Perugia ho deciso che sarei diventata una cantante di jazz”. È così è stato anche se poi definire ed etichettare un’artista come Amalia Gré, il cui vero nome è Amalia Grezio, può risultare riduttivo e fuorviante. Meglio partire da “Beige”, il nuovo album che ne delinea un’autobiografia in musica, pescando undici standard jazz che ne hanno segnato la vita personale e professionale. Ma che qui vengono “ristrutturati” o meglio “destrutturati” fino a risultare nuovi, nuovissimi, anzi contemporanei, mixati come sono attraverso la luce dell’elettronica.
Amalia, il tuo nuovo disco è un atto d’amore nei confronti del jazz. Quale sentimento ti ha guidato nella scelta degli standards che ti sei divertita a omaggiare ma anche a destrutturare?
“Gli standards che ho scelto sono praticamente il mio repertorio, che ho cantato per anni nel mio periodo newyorkese. Con questi brani facevo le “gig”, cioè le serate nei locali, a Manhattan. E poi andavo alle jam session dove imparavo sempre di più cosa fosse il jazz, soprattutto allo “Smalls”, con inizio alle 4 del mattino!”.
Sostieni che il jazz sia come il beige e come tale non passi mai di moda. Eppure è sempre più una nicchia che appassiona pochi: perché secondo te? e come vedi il futuro del jazz?
“Perché è una musica colta e “difficile”, però se ti appassiona non riesci più a scrollartela di dosso. Nel futuro il jazz lo vedo presente perché, per il profondo valore che possiede, è intramontabile”.
Sta per iniziare il Festival di Sanremo. Hai tentato di partecipare? Che esperienza è stata quella di “Amami per sempre”?
“Continuo a scrivere canzoni in italiano e mi piacerebbe partecipare ancora al Festival di Sanremo. Con “Amami per sempre” nel 2007 ho fatto innamorare e sposare un sacco di coppie! Quel brano è ancora molto presente e nella memoria del pubblico”.
Complimenti per la copertina del disco che hai dipinto. Come porti avanti il tuo essere pittrice e designer? Mi racconti Amalia a tutto tondo?
“Io ho quest’urgenza di creare, che sia materico o una canzone è lo stesso. Mi piace manipolare una tela, la stoffa, i coralli di una collana… Creo oggetti di design, adoro l’arte moderna e la moda. A New York creavo delle collezioni che vendevo in alcune boutiques”.
Da tempo giri con la mostra “In my secret place”, ideata con Massimo Cotto. Di cosa si tratta? E qual è il tuo posto segreto?
“La mostra itinerante di Massimo Cotto è una collettiva con un’opera di vari cantanti. Il mio posto segreto è la mia pace”.