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Lo Jesus di Staino studia da profeta, fa preoccupare la mamma, ama Lennon e la chitarra. Ma fa anche riflettere

Si chiama “Hello Jesus” il regalo che Sergio Staino riserva ai suoi estimatori e a chiunque apprezzi la vivida e salutare satira che da sempre serve a fustigare il potere e risollevare gli animi. Il libro pubblicato da Giunti Editore raccoglie 140 tavole con protagonista la “dolcissima e inquietante creatura” rivisitata dalla penna del raffinato e vulcanico disegnatore satirico. Un atto di coraggio che porta Staino a esultare (Evviva! Evviva! Evviva! Laudata sia) per il coraggio della casa editrice. Un coraggio che, a voler scavalcare l’autoironia dell’interessato, offre al pubblico un vero gioiellino che fa ridere ma anche pensare com’è nel costume del vignettista che ci onoriamo di ospitare giornalmente su Tiscali.it.

Uno Jesus genuino

Il protagonista è uno Jesus moderno “genuino, inquieto e un po’ naïf”, come si legge nella presentazione del libro del catalogo della Giunti. Lui (con la L maiuscola) “abita in una Nazareth appena italianizzata (o forse è il contrario?) ed è un uomo del nostro tempo, con una schiettezza disarmante e una propensione “inspiegabile” per il deserto e il wi-fi, uno strampalato amico di nome Peter con cui condivide la passione per Bob Dylan e la chitarra, una mamma un po’ troppo giovanile preoccupata per i capelli incolti del figlio e per la sua assurda idea di diventare profeta (con tutti i profeti disoccupati in giro per la Galilea!), e infine una figura paterna burbera e bonaria come Joseph, tanto simile a Bobo, a cui sarà impossibile non affezionarsi”.

E in effetti questo Jesus conquista subito l’attenzione e la simpatia di chi ne incrocia le vicende. Vive con timori molto umani che di questi tempi suonano a molti familiari. Ha paura che “la falegnameria del padre venga mangiata dall’Ikea”, affronta “le astuzie di un demonio che lo tenta con la succosa rivelazione dell’identità di Elena Ferrante”, rintuzza “le incursioni di un Salvini armato di rosario e le ricette miracolose di un fiducioso Di Maio”, in definitiva “Jesus teme davvero di perdere di vista quale sia la sua strada”. Ed allora “gli resta probabilmente una sola cosa da fare per sbarcare il lunario: offrire la sua storia a un editore… peccato che Marco, Giovanni, Luca e Matteo abbiano già avuto la stessa idea!”.

Un invito alla riflessione

Dietro il personaggio, creatura di Staino, c’è però anche una tensione intellettuale, che alla fine, tra boutades e gustose frecciate satiriche, coinvolge il ruolo odierno della Chiesa, il senso del trascendente, il significato della religione e scatena riflessioni impegnative. Concetti rischiosi per chi li tratta. Staino ricorda quando la Cei lo ha “ritenuto un po’ troppo imbarazzante” facendolo “uscire dal “generoso giornale”, Avvenire, in cui aveva pubblicato le avventure di Jesus, “con gran dolore del suo direttore, il simpatico e bravo Marco Tarquinio”.

Nel libro si possono trovare una quarantina delle 52 tavole pubblicate allora, insieme ad un centinaio di tavole inedite. In pratica “140 tavole – precisa Staino – che aiutano a rileggere con riso e, spero, con tanta intelligenza una delle più grandi figure apparse sulla faccia della terra. Per me non solo grande ma, a saperlo leggere, imperitura fonte di grandi valori etici e politici”. Sulla copertina – a far pregustare un esilarante contenuto – un Gesù che serenamente strimpella “Imagine” di John Lennon. Proprio quella frase che dice “Immagina che non esista il paradiso, è facile se ci provi”.

L’introduzione di Morgan

Si tratta insomma di un Gesù semplice, popolare, disegnato (è proprio il caso di dirlo) per le persone comuni, quelle di buona volontà, eppure schietto, umano, vero, splendente e inarrivabile, quello che “si trova bene in mezzo alla gente, a quella più umile”, come osserva Morgan nella bella introduzione di cui vale la pena citare un corposo passaggio.

“La Santa Romana Chiesa – scrive Morgan – non ha certo contribuito alla causa del rock and roll, eppure Gesù Cristo è il modello di quasi tutti i nostri beniamini. Ovvio, i Romani hanno commesso il delitto di torturare un idolo delle folle, un giovane colto e lucido, intelligente, che era decisamente capace di attirare attenzione e consensi senza l’uso della forza o delle armi ma con le parole e la gentilezza. Questo ha determinato la sua fine”.

E già, perchè come accade spesso nella storia, “i potenti dell’epoca hanno sentito minacciata quella autorità da loro ottenuta al costo di tante guerre e massacri. Probabilmente solo il costantiniano ‘in hoc signo vinces’ determinò il passaggio di quel simbolo dalle mani degli umili a quelle dei potenti. Ma anche i seguaci più vicini a lui in status e sentimento, nella loro lunga sofferenza per le tante persecuzioni, hanno scelto di enfatizzare nel ricordo l’immagine di questo momento di suprema ingiustizia”.

Per fortuna “a fianco di quest’uso multiforme della croce, da simbolo di guerra a simbolo di pace e solidarietà – nota Morgan – ha continuato a vivere una iconografia più umana e quotidiana di un Cristo legato al popolo o ai bambini e financo in veste di pastore di tante umili pecorelle. Credo sia questo sentimento che evocano queste immagini di vita comune che spinge molti di noi a distogliere lo sguardo da quella con- dizione disumana preferendo un Gesù vivo e nel pieno delle sue virtù. Sergio Staino sicuramente è uno di questi e il suo è il Gesù che si trova bene in mezzo alla gente, a quella più umile e semplice”. Per questo il suo libro incuriosisce, diverte, affascina, stuzzica, fa riflettere e si rivela assolutamente una perla da leggere, sfogliare e godere.

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