(Immagine di repertorio Fotogramma)
Pubblicato il: 04/02/2019 18:49
La musica italiana non è solo Sanremo. Per gran parte degli artisti che lavorano nello spettacolo dal vivo la pratica professionale è fatta di lavoro nero, contributi non pagati, precarietà. A denunciarlo è Emanuela Bizi, segretaria nazionale Slc Cgil che, all’Adnkronos, dice: “In molti contesti, ad esempio, non vengono pagate le prove ma solo gli spettacoli, addirittura c’è la pretesa di far lavorare gli aristi gratis, anche da parte di realtà pubbliche e poi, anzi prima di tutto, c’è il lavoro nero con relativa mancanza di regole e assicurazioni. Se a questo si unisce la mancanza di controlli, prima la Siae ne faceva e ora l’Inps non ne fa, la vita degli artisti dello spettacolo, in particolare del settore musicale, diventa precaria e rischiosa”. Inoltre “sono quasi il 40% – continua la sindacalista – i lavoratori che, partecipando all’indagine ‘Vita da Artisti’ (realizzata da Slc Cgil e Fondazione Di Vittorio, ndr), hanno affermato di lavorare molto spesso in nero”.
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“Prendiamo il caso di un musicista che gira l’Italia da un locale all’altro, arrivando in certi periodi dell’anno a spostarsi anche di centinaia di chilomentri ogni giorno. E’ una ‘categoria’ naturalmente esposta agli incidenti ‘in itinere’, cioè – spiega Bizi – gli incidenti che avvengono durante lo spostamento da o per il luogo di lavoro. Se l’artista è regolarmente contrattualizzato ha una copertura assicurativa altrimenti, se non ha un’assicurazione privata, in quanto lavoratore in caso di incidente non ha diritto a nulla. Lo stesso rischio, se il lavoro non è contrattualizzato regolarmente, lo si corre sul palco di un concerto o su un palcoscenico teatrale: chi lavora davanti o dietro le quinte può farsi anche molto, molto male. Come sindacato ci siamo confrontati con l’Inail che ha dato la sua disponibilità a cercare una soluzione ma serve una riforma legislativa che disciplini il settore. Pensiamo solo che persino quando l’allora ministro dei Beni Culturali Franceschini chiese a musicisti, danzatori, artisti vari di esibirsi nei musei la sera il bando prevedeva il lavoro gratuito e chi aderiva si doveva pagare contributi e assicurazione. Noi intervenimmo ma chi aveva già aderito al bando si esibì a quelle condizioni. E stiamo parlando di un ministero”.
In una relazione recentemente depositata in Parlamento appunto dalla Slc Cgil si sottolinea che nel mondo teatrale e musicale “si va dalla pretesa di pagare i compensi solo dopo l’arrivo dei finanziamenti, a modalità di assunzioni non previste dal contratto nazionale di lavoro, per arrivare addirittura a pagare un compenso inferiore e a forfetizzare alcune prestazioni, per esempio le prove. Va ricordato che un artista per una giornata intera percepisce un compenso minimo di soli 70,17 euro lordi“. Nello stesso testo inoltre, “per quanto riguarda la possibilità di maturare le giornate contributive”, si sottolinea che “spesso il compenso è sostituito in parte, e talvolta addirittura totalmente, dalla cessione del diritto d’immagine e d’autore (compreso il diritto connesso), istituti per i quali è prevista l’esenzione contributiva e che sono dunque utilizzati impropriamente per abbattere il costo del lavoro”. In sostanza, “in questo settore il grande mangia il piccolo, e il più piccolo di tutti, ovviamente, è il lavoratore/professionista”.
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