Sir John Eliot Gardiner e Antoine Tamestit in prova (foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini)
Pubblicato il: 13/03/2019 17:29
(di Pippo Orlando) – Debutto sul podio dell’Orchestra di Santa Cecilia per sir John Eliot Gardiner. Una prima volta all’insegna della “gioia”, dice il direttore inglese, che definisce il complesso ceciliano “pieno di qualità, molto serio, velocissimo nel rispondere e che suona con ardore e passione. Mi piace molto“. Gardiner inizia il suo viaggio ‘italiano’ con Hector Berlioz, compositore da lui molto amato (quest’anno ricorrono i 150 anni dalla morte del musicista francese e Santa Cecilia aprirà la Stagione 2019-2020 con il ‘Requiem’), del quale domani alle 19,30 nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica di Roma (con repliche venerdì alle 20,30 e sabato alle 18) eseguirà il ‘Carnevale Romano‘ e l”Aroldo in Italia‘, con il violista Antoine Tamestis, accanto alla sinfonia n. 7 di Antonin Dvorak. Poi tornerà a Santa Cecilia l’8 maggio, stavolta con il ‘suo’ English Baroque Soloists e il Monteverdi Choir, per eseguire l’opera-oratorio ‘Semele’ di Haendel.
‘Aroldo in Italia’ è una sinfonia in quattro parti con viola principale ispirata al ‘Child Harold’s Pilgrimage’ di Lord Byron e composta da Berlioz nel 1834. “Opera non molto conosciuta qui in Italia, a differenza della sinfonia di Dvorak che invece l’orchestra ha già suonato”, dice Gardiner, per il quale compositori come Berlioz e Schumann sono più difficili da eseguire, “per l’equilibrio tra le sezioni orchestrali e il timbro” con le orchestre moderne che con quelle antiche. Inoltre, il direttore inglese sottolinea l’importanza della musica di Berlioz che, ribadisce, “va fatta capire al pubblico”, e i suoi “aspetti teatrali”: “Ho chiesto a Tamestis di camminare e non stare fermo durante l’esecuzione, perché la viola dialoga un po’ con i corni, un po’ con l’arpa e con altri strumenti”.
E a proposito della viola, nel museo degli strumenti musicali di Santa Cecilia è custodita quella realizzata dal liutaio tedesco David Tecchler nel 1741, in qualche modo collegata all”Aroldo in Italia’. Berlioz, ricorda il presidente di Santa Cecilia, Michele Dall’Ongaro, infatti “aveva scritto l’opera per Niccolò Paganini, il quale però non la trovò abbastanza virtuosistica e si rifiutò di eseguirla”, salvo scusarsi successivamente per non avere compreso la genialità del brano. Paganini, qualche anno prima, nel 1821, fu chiamato dal suo amico Rossini al Teatro Apollo di Roma per sostituire il primo violinista e direttore, vittima di un colpo apoplettico, al debutto della ‘Matilde di Shabran’. Poco prima di andare in scena, però, un malore colpì anche il cornista e Paganini si offrì di sostituire il corno, strumento concertante nell’aria di Matilde del secondo atto (“la melodia del corno che Rossini scrisse per l’aria è bellissima”, dice dall’Ongaro), con la viola. E suonò proprio quella di Tecchler, di proprietà oggi dell’Accademia di Santa Cecilia, che Tamestis ha suonato durante la conferenza stampa di oggi.
“Fino al 2015 – confessa Tamestis – avevo qualche problema con l”Aroldo in Italia’. Poi ho incontrato Gardiner e l’ho fatto con lui riscoprendo il personaggio. Ho cercato di capire chi fosse Aroldo e, attraverso la lettura del personaggio ho capito anche la scrittura musicale di Berlioz. Paganini non aveva capito niente, non aveva compreso l’importanza dei silenzi nella scrittura del brano. Solo dopo si accorse del suo errore e si scusò, prostrandosi davanti a Berlioz”, dice il violista che parla di approccio “operistico” al brano: “Io amo talmente tanto l’opera da avere sposato una cantante lirica”, scherza.
L’altra tappa del viaggio italiano di Gardiner, quella dell’8 maggio, è con ‘Semele’ di Haendel, che approderà in forma ‘semi-scenica’ nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica. Titolo al quale il direttore inglese torna dopo quasi 40 anni, visto che la registrazione discografica per l’etichetta Erato è uscita nel 1983. “E’ la prima versione integrale della ‘Semele’ eseguita a Roma, opera ‘travestita’ da oratorio – dice Gardiner – per farla eseguire dove un’opera non sarebbe mai stata eseguita. Per questo abbiamo scelto un allestimento in forma semiscenica, con l’orchestra, motore della vicenda, al centro“. E a chi gli chiede se sia difficile rendere drammaturgicamente ‘Semele’, chiosa: “E’ facilissimo, basta seguire le indicazioni della partitura, è tutto scritto lì”.
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