(Foto Musacchio & Iannello)
Pubblicato il: 05/04/2019 15:28
(di Pippo Orlando) – Dieci minuti di applausi in piedi e urla da stadio hanno accolto ieri sera il primo dei tre concerti (si replica stasera alle 20,30 e domani alle 18 – Sala Santa Cecilia, Auditorium Parco della Musica di Roma) dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che ha visto Kirill Petrenko alla guida dell’Orchestra e del Coro ceciliani nella Nona Sinfonia di Beethoven. Il pubblico ha manifestato tutto il calore al direttore musicale dei Berliner Philharmoniker, che da luglio salirà ufficialmente sul podio che fu di Furtwangler, Karajan, Abbado – per citarne solo alcuni – e che ieri sera ha dato prova del suo talento e della sua formidabile tecnica, dirigendo un caposaldo della musica occidentale come l’ultima sinfonia di Beethoven in una lettura che è già memorabile.
Petrenko, col suo gesto tutt’altro che misurato – dirige praticamente con tutto il corpo – ma sempre efficace, ha dato una lettura nuova e moderna della Nona. Tempi rapidi, dinamiche marcate, trasparenza assoluta grazie alla quale ogni singola nota della complessa architettura musicale della sinfonia era perfettamente udibile dagli spettatori, anche nei fortissimi. Non più le ‘pesantezze romantiche‘ di certa tradizione esecutiva, ma un’asciuttezza nervosa tesa verso il finale (mirabilmente perfetto l’unisono dei violoncelli all’inizio del quarto movimento), con l’Inno alla Gioia finalmente riscattato dalla semplificazione cui l’hanno costretto le colonne sonore (‘Arancia Meccanica’) e l’Unione Europea, e restituito alla complessità del pensiero filosofico che Beethoven ha voluto esprimere attraverso la musica.
L’inno alla Gioia è diventato, sotto la bacchetta di Petrenko, inno alla Libertà, così come Friedrich Schiller, autore del testo musicato da Beethoven, l’aveva concepito all’inizio. Ma la parola ‘libertà’ (‘Freiheit’) all’epoca era proibita e Schiller la sostituì con ‘gioia’ (‘Freude’). Beethoven, però, che guardava oltre, quell’idea di gioia come felicità collettiva conseguita grazie alla fratellanza universale e alla solidarietà, la interpretò nella musica proprio come libertà. Messaggio sempre attuale e forse oggi ancor di più, che Petrenko ha raccolto e rilanciato agli spettatori, aiutato in questo da una prova formidabile dell’Orchestra di Santa Cecilia e forse ancor più formidabile del Coro, che ha assecondato alla perfezione le difficili richieste del direttore siberiano naturalizzato austriaco. Ineccepibile anche il quartetto vocale formato dal soprano Hanna-Elisabeth Mueller, dal contralto Okka von der Damerau, dal tenore Benjamin Bruns e dal basso Hanno Mueller-Brachmann.
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